AGATHÓN
International Journal
of Architecture, Art and Design
ISSN (online) 2532-683X
ISSN (print) 2464-9309
V. 13 (2023): INNOVABILITY | Transizione Ecologica
Il volume 13 di AGATHÓN segue il precedente sulla Innovability©® | Transizione Digitale e raccoglie saggi e ricerche su Innovability©® | Transizione Ecologica, consapevole della sua incalzante attualità, ma anche del portato che la proposta di una doppia chiave di interpretazione suggerisce. Abbiamo chiarito il significato del termine ‘innovability’©®, dapprima in uso nell’ambito delle scienze economiche e sociali, al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’: in questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.
Di transizione ecologica si parla da tempo ma oggi è un tema prioritario e inderogabile, esprimendo la necessità di ‘transitare’ dai sistemi di produzione e consumo propri del paradigma della crescita lineare infinita a sistemi in grado di far crescere il capitale economico senza distruggere gli omologhi naturale, sociale e umano. Un concetto di sostenibilità che, a partire dai cambiamenti globali e dalla perdita di biodiversità, richiama l’ecologia della mente di Gregory Bateson (1977), le tre ecologie di Guattari (2000), la fisica evolutiva di Isabelle Stengers e Ilya Prigogine (1979) ma anche il pensiero planetario di Edgar Morin (1973), il concetto dell’exaptation di Stephen J. Gould ed Elisabeth Vrba (1982), l’economia ecologica, i concetti di sostenibilità ‘debole’ e sostenibilità ‘forte’, fino ai più pragmatici indicatori di sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Una transizione ineluttabile se consideriamo anche solo gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, forieri di un cambiamento radicale non solo rispetto all’uso delle risorse non rinnovabili ma a tutta la nostra economia e al nostro modo di vivere. In tutti gli ambiti del costruito occorrerà una ‘regia illuminata’ con una visione sistemica e olistica fondata su una prassi metodologica di tipo multi e interdisciplinare, ascalare e intersettoriale capace di integrare contemporaneamente saperi, professionalità, discipline e settori di produzione differenti talvolta apparentemente poco affini; dovrà razionalizzare e ottimizzare, combinando tecnologie tradizionali e innovative, da un lato tutti gli aspetti che entrano in gioco nell’intervento trasformativo e nelle sue dimensioni di processo, di progetto e di prodotto, dall’altro i flussi di materia in entrata e in uscita perché siano equivalenti, ovvero affinché i rifiuti e i sottoprodotti di un settore possano essere reimpiegati integralmente in altri.
Ritorno alla natura, nelle sue forme selvatiche e di ‘quarta natura’, emulandone processi e cicli biologici, minore occupazione di suolo, infrastrutture verdi e soluzioni basate sulla natura per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ma anche per produrre servizi e garantire la biodiversità, rigenerazione del costruito ad alta vulnerabilità, efficienza energetica, flessibilità d’uso, materiali a base naturale, sostenibili e derivanti da riciclo e upcycling, e più in generale modello di sviluppo circolare e maggiore attenzione e consapevolezza verso le risorse non rinnovabili, sono i temi maggiormente trattati. Il paradosso è che il campo di indagine riguarda prevalentemente l’ambito urbano: nonostante le città siano considerate tra le principali cause del cambiamento climatico e ambientale, sono ironicamente viste come la soluzione all’attuale crisi dell’intero ecosistema. Una tale visione impone alcune riflessioni: in primo luogo è da chiedersi se alla macroscala sia ancora possibile pensare a un modello di crescita ‘limitato’ e contestualmente costruire alloggi, infrastrutture e servizi seppur con un’impronta ridotta sul suolo e sull’ambiente; in secondo luogo rispetto alla complessità del tema, alla scala intermedia e micro, se e quanto la natura riesca a curare il Pianeta riportandolo a una condizione di equilibrio ecosistemico e di salute tale da garantire un futuro anche alle prossime generazioni senza considerare il concetto di ecologia nel senso più ampio possibile e rinnovare il rapporto tra uomo, natura ed esseri viventi, superando l’attuale approccio antropocentrico in favore di uno allocentrico.
I contributi del volume ci consegnano comunque alcune certezze tra cui la necessità di una natura multiscalare degli interventi, che garantisca effetti indotti a un contesto ambientale più ampio di quello di riferimento, e di team che affrontino le criticità con un approccio collaborativo inter e transdisciplinare olistico e sistemico, in una sorta di speciazione delle discipline che ne modifica i tradizionali statuti; ciò che emerge poi è che gli strumenti immateriali e materiali che oggi possiamo mettere in campo sono numerosi grazie anche alle possibilità offerte dalle tecnologie digitali nelle diverse fasi progettuali, realizzative e gestionali del processo. In tale ottica appare determinante che l’azione primaria per avviare l’auspicata transizione sia l’acquisizione cosciente del problema e la volontà assoluta di intervenire in modalità sinergica, intellettualmente e scientificamente, affinché il progetto si carichi di valenze semiofore (Pomian, 1987) e, parafrasando Timothy Morton (2018), produca ‘iperpaesaggi’, ‘ipercittà’, ‘iperarchitetture’ e ‘iperoggetti’ che ‘ci accolgano’, ‘ci inglobino’ e ‘ci si attacchino’ coinvolgendo tutto l’ecosistema.