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  • AGATHON vol 15_2024_innovability_energy transition

    INNOVABILITY | Transizione Energetica
    V. 15 (2024)

    Il volume 15 di AGATHÓN segue i precedenti su Innovability©® | Transizione Digitale e Innovability©® | Transizione Ecologica, consapevoli della sua incalzante attualità, ma anche del portato che la proposta di una triplice chiave di interpretazione suggerisce. Abbiamo chiarito il significato del termine ‘innovability’©®, prima in uso nell’ambito delle scienze economiche e sociali, al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’, come se fossero opposte e contrastanti: al di là del termine impiegato, in un momento storico caratterizzato da emergenze ambientali, sociali ed economiche, l’Umanità promuove una sua prerogativa, l’uso delle ‘cose’ che la natura ci mette a disposizione per farne altro dalla loro primaria funzione (innovazione), consapevole che quelle risorse non sono inesauribili (sostenibilità). In questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.

    Gli obiettivi della neutralità climatica entro il 2050 e della riduzione delle emissioni di CO2 del 55% (rispetto al livello del 1990) entro il 2030 (European Commission, 2019, 2021) pongono all’Unione Europea, e ancor più al resto del mondo, una serie di questioni complesse tra cui un sensibile aumento della produzione di energia ‘pulita’ da fonti alternative e rinnovabili, la riduzione della povertà energetica, una maggiore sicurezza delle forniture energetiche e una drastica riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia; parallelamente si mira a favorire una crescita economica moderna disaccoppiata dall’uso di risorse non rinnovabili, la creazione di nuovi posti di lavoro e a generare benefici per l’ambiente e la salute, obiettivi questi con inevitabili implicazioni culturali, politiche, economiche, produttive, tecnologiche e sociali da affrontare sia all’interno dei propri confini sia in ambito di politica estera. La transizione energetica è quindi complessa e difficile da attuare perché coinvolge ‘tutto’ ed è necessaria ‘ovunque’ ma anche perché a livello globale il consumo di energia primaria è in costante aumento da almeno mezzo secolo.

    Il quadro teorico e sperimentale presentato nel volume 15 di AGATHÓN dimostra come le transizioni energetica, ecologica e digitale possano contribuire sinergicamente al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e neutralità climatica. I contributi pubblicati in forma di saggi e ricerche appaiono coerenti con il 2022 Strategic Foresight Report (European Commission, 2022) basato sulla relazione del JRC dal titolo Towards a Green and Digital Future – Key Requirements for Successful Twin Transitions in the European Union (Muench et alii, 2022) e fondato sui concetti chiave di: a) transizioni ‘gemelle’, come chiave di volta per un futuro sostenibile, equo e competitivo; b) transizione ‘giusta’, per una diffusa accettazione delle soluzioni verdi e digitali al fine di mitigare i consumi e migliorare l’efficienza; c) ‘approccio integrato’ alle sfide, per massimizzare i benefici delle sinergie e gestire meglio i rischi. Dai contributi pubblicati emerge la necessità di un cambio di paradigma che, da un lato, si caratterizzi per un approccio improntato alla ‘sufficienza’ (rispetto a nuova occupazione di suolo e realizzazione di nuove costruzioni) e all’economia circolare (per limitare l’uso di risorse non rinnovabili) capace di sfruttare le potenzialità delle tecnologie per nuovi servizi resi possibili dalla digitalizzazione, dall’altro, si fondi su una nuova consapevolezza degli utenti dei limiti del Pianeta perseguibile attraverso azioni ‘soft’ urgenti, robuste, flessibili e di facile realizzazione in quanto richiedono un minor impegno finanziario. Se comunità energetiche, produzione di energia rinnovabile da idrogeno e filiere produttive possono contribuire alla mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra, l’ingente patrimonio immobiliare esistente costituisce un ambito su cui è possibile intervenire con efficacia, anche laddove abbia una valenza storico-culturale, utilizzando strumenti come i gemelli digitali o metodologie di analisi capaci di valutare ex ante gli impatti sull’ecosistema e di prefigurare scenari per città, edifici e processi produttivi volti a uno sviluppo sostenibile e compatibile con gli obiettivi improcrastinabili fissati per il 2030 e il 2050. Queste sono alcune delle strategie, dei percorsi, delle misure e delle azioni che è possibile mettere in campo sfruttando la disponibilità delle ingenti risorse finanziarie stanziate dai governi per le transizioni, stimolando la sensibilità degli amministratori locali, valorizzando le abilità e le competenze trasversali di tecnici e operatori del settore, ma anche e soprattutto facendo leva sulla consapevolezza degli utenti rispetto ai rischi derivanti dai cambiamenti climatici affinché si attivi una loro risposta ‘comportamentale’ sui consumi di energia e di risorse naturali non rinnovabili.

  • modulo modulari, module, modularity

    MODULO E MODULARITÀ | Declinazioni e scale applicative nella contemporaneità
    V. 14 (2023)

    Modulo è segno, andamento lineare, forma geometrica o libera che si ripete all’interno di uno spazio determinato mantenendo inalterate le proprie proporzioni; è forma esemplare, norma e regola, numero, unità elementare e di misura; è concetto che esprime armonia, proporzione e qualità; è elemento catalizzatore di storia, cultura e memoria che rimanda, nell’ambito delle diverse discipline dell’urbanistica e del paesaggio, dell’architettura e dell’ingegneria, della rappresentazione, del design e dell’arte, tanto all’uomo quanto a suoi artefatti e concettualizzazioni. Modulo è misura delle cose e al tempo stesso sintesi delle relazioni che tali misure attivano (connessioni) oppure disattivano (separazioni); modulo è ritmo, interferenza, struttura, relazione, mutazione, standardizzazione ma è anche sintesi della specifica capacità umana di percepire, semplificare e rappresentare l’ambiente. Progettare è insieme misurare e mettere in relazione: ‘contare e raccontare’, come titolavano Carlo Bernardini e Tullio De Mauro (2003), attraverso il concetto di modulo che si presta a essere espressione di un atto (il contare o misurare) e al tempo stesso di una narrazione (il raccontare), entrambe arricchite e alimentate nella contemporaneità da un nuovo capitale semantico che, nel suo essere materiale e immateriale reale e digitale insieme, attiva nuove relazioni transdisciplinari e interdisciplinari coinvolgendo e contaminando tra loro le diverse scale del progetto. Il modulo, nel suo essere misura olistica delle cose, misura e misurabilità, sembra condividere con la nuova contemporaneità l’idea di uno spazio ‘diverso’ – a qualsiasi scala – da ri-misurare e da ri-contare sia nella configurazione attuale (l’esistente) sia rispetto a ciò che potrà e/o dovrà essere (il nuovo). In quest’ottica, all’interno degli approcci progettuali e trasformativi dell’ambiente, sembra delinearsi una rinnovata e contemporanea espressione di modulo che si confronta in dinamica evoluzione con le inderogabili istanze di interoperabilità, virtualizzazione, decentralizzazione, sostenibilità e accessibilità.

    Un tema attuale, quello del modulo nel Terzo Millennio, che si rapporta con l’omologa proposizione introdotta da Giulio Carlo Argan (1965) nella raccolta di saggi dal titolo Progetto e Destino, in cui lo storico indaga l’evoluzione del concetto di modulo e il suo modificarsi lungo la storia insieme ai modi del costruire. Sulla base di queste premesse il Volume 14 di AGATHÓN raccoglie saggi e ricerche che, seppur non esaustivi delle innumerevoli declinazioni assumibili dal modulo per affrontare, discretizzare e risolvere la complessità del costruito, ne evidenziano la natura multiscalare e la flessibilità concettuale e d’uso. Con le loro infinite scale applicative, ‘dal cucchiaio alla città’ (Rogers, 1952), il ‘modulo’ e la ‘modularità’ riemergono con forza nel nuovo Millennio e possono divenire paradigma a supporto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (UN, 2015) se associati ai temi della reversibilità e dell’accessibilità; in aggiunta le variegate declinazioni concettuali e strumentali del ‘modulo’ e della ‘modularità’ possono fornire supporto lungo l’intero ciclo di vita di un sistema, ottimizzandone le fasi ideative, produttive / realizzative e quelle di gestione delPaesaggio, della Città, dell’Architettura e dell’Industrial Design, consentendo il superamento di una visione statica e lineare del costruito attraverso ‘sistemi aperti’, ‘flessibili’, ‘adattivi’, ‘multiscalari’ e ‘sostenibili’ soprattutto quando gestiti mediante strumenti digitali intelligenti.

  • AGATHON 13_2023_ECOLOGICAL TRANSITION

    INNOVABILITY | Transizione Ecologica
    V. 13 (2023)

    Il volume 13 di AGATHÓN segue il precedente sulla Innovability©® | Transizione Digitale e raccoglie saggi e ricerche su Innovability©® | Transizione Ecologica, consapevole della sua incalzante attualità, ma anche del portato che la proposta di una doppia chiave di interpretazione suggerisce. Abbiamo chiarito il significato del termine ‘innovability’©®, dapprima in uso nell’ambito delle scienze economiche e sociali, al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’: in questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.
    Di transizione ecologica si parla da tempo ma oggi è un tema prioritario e inderogabile, esprimendo la necessità di ‘transitare’ dai sistemi di produzione e consumo propri del paradigma della crescita lineare infinita a sistemi in grado di far crescere il capitale economico senza distruggere gli omologhi naturale, sociale e umano. Un concetto di sostenibilità che, a partire dai cambiamenti globali e dalla perdita di biodiversità, richiama l’ecologia della mente di Gregory Bateson (1977), le tre ecologie di Guattari (2000), la fisica evolutiva di Isabelle Stengers e Ilya Prigogine (1979) ma anche il pensiero planetario di Edgar Morin (1973), il concetto dell’exaptation di Stephen J. Gould ed Elisabeth Vrba (1982), l’economia ecologica, i concetti di sostenibilità ‘debole’ e sostenibilità ‘forte’, fino ai più pragmatici indicatori di sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Una transizione ineluttabile se consideriamo anche solo gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, forieri di un cambiamento radicale non solo rispetto all’uso delle risorse non rinnovabili ma a tutta la nostra economia e al nostro modo di vivere. In tutti gli ambiti del costruito occorrerà una ‘regia illuminata’ con una visione sistemica e olistica fondata su una prassi metodologica di tipo multi e interdisciplinare, ascalare e intersettoriale capace di integrare contemporaneamente saperi, professionalità, discipline e settori di produzione differenti talvolta apparentemente poco affini; dovrà razionalizzare e ottimizzare, combinando tecnologie tradizionali e innovative, da un lato tutti gli aspetti che entrano in gioco nell’intervento trasformativo e nelle sue dimensioni di processo, di progetto e di prodotto, dall’altro i flussi di materia in entrata e in uscita perché siano equivalenti, ovvero affinché i rifiuti e i sottoprodotti di un settore possano essere reimpiegati integralmente in altri.

    Ritorno alla natura, nelle sue forme selvatiche e di ‘quarta natura’, emulandone processi e cicli biologici, minore occupazione di suolo, infrastrutture verdi e soluzioni basate sulla natura per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ma anche per produrre servizi e garantire la biodiversità, rigenerazione del costruito ad alta vulnerabilità, efficienza energetica, flessibilità d’uso, materiali a base naturale, sostenibili e derivanti da riciclo e upcycling, e più in generale modello di sviluppo circolare e maggiore attenzione e consapevolezza verso le risorse non rinnovabili, sono i temi maggiormente trattati. Il paradosso è che il campo di indagine riguarda prevalentemente l’ambito urbano: nonostante le città siano considerate tra le principali cause del cambiamento climatico e ambientale, sono ironicamente viste come la soluzione all’attuale crisi dell’intero ecosistema. Una tale visione impone alcune riflessioni: in primo luogo è da chiedersi se alla macroscala sia ancora possibile pensare a un modello di crescita ‘limitato’ e contestualmente costruire alloggi, infrastrutture e servizi seppur con un’impronta ridotta sul suolo e sull’ambiente; in secondo luogo rispetto alla complessità del tema, alla scala intermedia e micro, se e quanto la natura riesca a curare il Pianeta riportandolo a una condizione di equilibrio ecosistemico e di salute tale da garantire un futuro anche alle prossime generazioni senza considerare il concetto di ecologia nel senso più ampio possibile e rinnovare il rapporto tra uomo, natura ed esseri viventi, superando l’attuale approccio antropocentrico in favore di uno allocentrico.
    I contributi del volume ci consegnano comunque alcune certezze tra cui la necessità di una natura multiscalare degli interventi, che garantisca effetti indotti a un contesto ambientale più ampio di quello di riferimento, e di team che affrontino le criticità con un approccio collaborativo inter e transdisciplinare olistico e sistemico, in una sorta di speciazione delle discipline che ne modifica i tradizionali statuti; ciò che emerge poi è che gli strumenti immateriali e materiali che oggi possiamo mettere in campo sono numerosi grazie anche alle possibilità offerte dalle tecnologie digitali nelle diverse fasi progettuali, realizzative e gestionali del processo. In tale ottica appare determinante che l’azione primaria per avviare l’auspicata transizione sia l’acquisizione cosciente del problema e la volontà assoluta di intervenire in modalità sinergica, intellettualmente e scientificamente, affinché il progetto si carichi di valenze semiofore (Pomian, 1987) e, parafrasando Timothy Morton (2018), produca ‘iperpaesaggi’, ‘ipercittà’, ‘iperarchitetture’ e ‘iperoggetti’ che ‘ci accolgano’, ‘ci inglobino’ e ‘ci si attacchino’ coinvolgendo tutto l’ecosistema.

  • AGATHON vol 12_2022_innovability_digital transition

    INNOVABILITY | Transizione digitale
    V. 12 (2022)

    Nell’ambito delle scienze economiche e sociali si è diffuso il termine ‘innovability’©® al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’, come se queste fossero due istanze opposte e contrastanti: al di là del termine impiegato, ancor di più in tempo di pandemia con il suo impatto economico e sociale, l’Umanità promuove una sua prerogativa, l’uso delle ‘cose’ che la natura ci mette a disposizione per farne altro dalla loro primaria funzione (innovazione), consapevole che quelle risorse non sono inesauribili (sostenibilità). In questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.
    ‘La trasformazione verde e quella digitale sono sfide indissociabili’, ha affermato Ursula von der Leyen, nel suo discorso di investitura come Presidente della Commissione Europea nel 2019. In tal senso l’European Green Deal, la Next Generation EU e il New European Bauhaus, così come gli altri Piani nazionali (ad esempio il PNRR in Italia), assumono importanza strategica sia nel definire, in modo chiaro e univoco, le traiettorie di sviluppo futuro di un’Europa ecologica, digitale, coesa e resiliente, sia nel correggere i principali squilibri presenti nel vecchio continente, facendo convergere – pur nella eterogeneità delle condizioni degli Stati Membri – le aspettative e le istanze, di ordine generale, comuni e condivise, di cittadini e imprese. Un fil rouge quello della ‘transizione’ che unisce temi e dibattiti che investono al tempo stesso la scienza, la tecnologia ma anche la filosofia, l’antropologia, l’ecologia e l’economia, declinate attraverso i tanti aggettivi specialistici che ne definiscono ambiti sempre più circoscritti, eppur più aperti a logiche di transdisciplinarità, in una sorta di speciazione delle discipline e del linguaggio richiamando nomi come Bateson, Commoner, Catton and Dunlap, Carpo, Kelly, Solis, Negroponte, e ancora Jonas, Morin, Floridi, Caffo.
    In questo scenario, in cui l’antropologia digitale si riconosce nel termine ‘anticipazione’, nella capacità di interagire con il flusso continuo dell’innovazione per costruire un nuovo ecosistema digitale (Solis, 2016), l’innovazione antropocentrica trova la sua collocazione ideale, si espande e si evolve traguardando la capacità di mettere l’uomo e i suoi bisogni al centro delle nuove proposte di valore. Questa nuova forma di ‘innovazione sostenibile’ non può che avere come priorità, congiunte e contemporanee, il benessere sociale e quello ambientale, tali da facilitare una transizione etica e sostenibile a beneficio dell’intera comunità (WEF, 2022). La trasformazione antropica dello spazio è un’azione energivora che incrementa il livello di entropia, ancora molto distante da sistematici quanto diffusi approcci di tipo ‘cradle to cradle’ o rispettosi delle risorse non rinnovabili. Il tema non riguarda quindi gli statuti disciplinari quanto piuttosto aspetti di interdisciplinarità e trasversalità finalizzati a orientare e favorire una ‘ripresa’ resiliente, sostenibile e inclusiva.
    Alla luce delle superiori premesse il numero 12 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti sul tema Innovability©® | Transizione Digitale per indagare sulla trasformazione pervasiva e diffusa in atto che unisce dicotomie (analogico e digitale), esalta ossimori (intelligenza artificiale), realizza paradossi (materialità dell’intangibile) coinvolgendo, indifferentemente, l’architettura, le scienze umane e sociali, l’antropologia, la sociologia, l’ecologia, la biologia, le scienze fisico-matematiche e le neuroscienze con impatti che – visibili già oggi e accelerati in parte dalla condizione straordinaria di emergenza sanitaria mondiale – si renderanno ancor più evidenti a medio e lungo termine. Una trasformazione certamente ‘digitale’, che studiosi come Floridi (2020) e Galimberti (2020), ma anche Haraway (2018), Searle (2017) e Chomsky (2011), hanno posto su un piano innanzitutto ontologico ed epistemologico in quanto coinvolge l’essenza delle ‘cose’, il modo con cui le definiamo, il mondo che ci circonda e in particolare la nostra relazione con gli elementi che lo costituiscono.

  • AGATHÓN, vol. 11 (2022) | Greenery – Its symbiosis with the built environment | Vegetazione – La sua simbiosi con il costruito

    VEGETAZIONE | La sua simbiosi con il costruito
    V. 11 (2022)

    Il numero 11 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti sul tema Vegetazione | La sua Simbiosi con il Costruito richiamando il ruolo che la Natura in generale e la Vegetazione in particolare possono svolgere nel breve periodo per affrontare l’attuale sfida del surriscaldamento globale e dei cambiamenti climatici causati da deforestazioni e incendi boschivi, urbanizzazioni selvagge, uso indiscriminato di materie prime non rinnovabili e incremento delle emissioni di anidride carbonica, tutti fattori che determinano un impatto devastante sul nostro ormai fragile ecosistema, sulla società e sull’economia. Se Simon aveva intuito già nel 1969 il potenziale di una ‘nuova ecologia’ in cui componenti animati e inanimati dell’ambiente costruito concorrono a caratterizzare un paesaggio ‘unificato’, gli studi di Beynus costituiscono un patrimonio di conoscenze utile alla rigenerazione consapevole e responsabile dell’ambiente costruito: nel corso dei millenni la Natura ha infatti perfezionato strategie e soluzioni, processi e meccanismi per adattarsi alle diverse condizioni climatiche e fisiche attraverso la razionalizzazione dell’utilizzo di materia e di energia ottimizzando gli scambi metabolici di tipo materiale e immateriale.
    Mentre il Movimento Moderno ha considerato paesaggio, urbanistica, architettura e design come discipline separate, nel nuovo millennio si rileva uno ‘spostamento scalare’ in cui esse sono assunte come parti di un sistema territoriale unificato nel quale si è chiamati a superare l’antropocentrismo e a progettare per l’uomo e per le altre forme viventi, in un rapporto di profonda conoscenza e comprensione delle traiettorie e dei bisogni reciproci degli esseri umani e non umani. La relazione tra le parti del sistema assume un’importanza nevralgica quando adottiamo una visione più ampia e sistemica, supportata da un approccio olistico e partecipativo; le tecnologie digitali possono supportare questa ‘doppia convergenza’ verso una ‘ecologia cibernetica’, consentendoci di vedere il mondo naturale e quello artificiale come un unicum.
    Il quadro teorico e sperimentale presentato dal volume 11 di AGATHÓN, seppur non esaustivo delle potenzialità delle soluzioni basate sulla natura, dimostra come la loro essenza multifunzionale possa contribuire in maniera rilevante, sia con tecniche e approcci tradizionali e vernacolari sia facendo ricorso all’IoT e alle tecnologie digitali, da un lato a contrastare gli effetti derivati dai cambiamenti climatici realizzando un costruito più resiliente e meno vulnerabile a dinamiche di trasformazione erosiva, dall’altro a creare ambienti più sani, valorizzare la biodiversità, fornire servizi ecosistemici, migliorare la qualità della vita, favorire nuove opportunità economiche e sociali e creare catene di valore, agendo contemporaneamente sui processi di rigenerazione urbana con i temi fondativi della circolarità e gli strumenti multiscalari. Per raggiungere nel minor tempo possibile tali obiettivi e superare la cattiva pratica del greenwashing è però necessario dare avvio a un nuovo paradigma fondato sul ‘passaggio da un’economia di crescita a un’economia di appartenenza’ e su una ‘nuova ecologia’ con la consapevolezza dell’uomo a istaurare un rapporto di simbiosi, integrazione e adattamento alle diverse scale del progetto, magari incentivando iniziative di formazione come quelle del Valldaura Labs dell’IAAC di Barcellona che mira a diffondere pratiche per realizzare paesaggi ecologici e tecnologici olisticamente integrati.

  • AGATHÓN, vol. 10, Links, physical, virtual, digital | Connessioni, fisiche, virtuali, digitali

    CONNESSIONI | Fisiche, Virtuali, Digitali
    V. 10 (2021)

    Il numero 10 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti su Connessioni | Fisiche, Virtuali e Digitali per indagare sulla profonda transizione pervasiva e diffusa, che unisce dicotomie (analogico e digitale), esalta ossimori (intelligenza artificiale), ribalta assiomi (ubiquità), realizza paradossi (materialità dell’intangibile) coinvolgendo, indifferentemente, l’architettura, le scienze umane e sociali, l’antropologia, la sociologia, l’ecologia, la biologia, le scienze fisico-matematiche e le neuroscienze con impatti che – visibili già oggi, e accelerati in parte dalla condizione straordinaria di emergenza sanitaria mondiale – si renderanno ancor più evidenti a medio e lungo termine. Una trasformazione certamente ‘digitale’, che studiosi come Floridi (2020) e Galimberti (2020), ma anche Haraway (2018), Searle (2017) e Chomsky (2011), hanno posto su un piano innanzitutto ontologico ed epistemologico in quanto coinvolge l’essenza delle ‘cose’, il modo con cui le definiamo, il mondo che ci circonda e in particolare la nostra relazione con gli elementi che lo costituiscono.
    La fisicità/materialità e la storicità delle forme si fa oggi realtà virtuale diluendosi nella corrente immateriale delle reti e dei flussi deterritorializzati: il digitale ‘apre’ connettendo (delocalizza) e in parallelo ‘confina’, perimetrando (self-sufficient city), ma soprattutto ‘induce’ a nuove configurazioni spaziali in un rapporto di continuo divenire tra genius loci e forma, funzione e flessibilità d’uso, tra l’uomo ‘vitruviano’, nelle sue proporzioni fisiche, e l’uomo ‘inforg’ che vive, lavora e si relaziona con la contemporaneità di luoghi simultaneamente fisici, virtuali e digitali. Uno spazio che, come entità ontologica – naturale, costruito, di ricucitura, aperto, perimetrato, di connessione, residuale, interstiziale, a scala macro o micro o nano e, indifferentemente, quello delle superfici, dei volumi, delle soglie, dei componenti tecnico-costruttivi/impiantistici e degli oggetti – in qualsiasi forma venga declinato (dal paesaggio al territorio, dalle infrastrutture alla città, dagli edifici agli oggetti, fino a sistemi, componenti e materiali) esplicita Connessioni: Fisiche nella singola entità materica, analogica e tangibile; Virtuali nel configurare esperienze di realtà aumentata e immersiva; Digitali nell’interagire ed attuare nuovi processi ideativi e comunicativi e al tempo tecnici e di controllo e monitoraggio del progetto alle varie scale, veicolando forme e immagini, funzioni e prestazioni in una nuova dimensione di condivisione di ‘bit’.
    I saggi, le ricerche e i progetti pubblicati da AGATHÓN sulle Connessioni | Fisiche, Virtuali e Digitali, declinati attraverso le diverse discipline del progetto, evidenziano come la natura delle cose e delle relazioni che le connettono sia una delle grandi tematiche che ci troviamo ad affrontare, introducendo, altresì, innovati approcci e azioni per risolvere tanto ‘storiche’ quanto nuove complessità (sistemi anticipanti, futuri possibili, ecc.) e nuovi disagi (esclusione, digital divide, ecc.), avocando a sé quel ‘vitalismo’ reclamato dalle attuali sfide culturali, sociali ed economiche che improntano i contenuti di Agenda 2030 e i principi di sostenibilità, di innovazione e di equità sociale che li sottendono: di fatto, stiamo passando da una realtà fatta di cose a una caratterizzata da relazioni – connessioni – all’interno di una quotidianità fatta di ‘immaterialità’. Seppur non esaustivi dei campi d’indagine, i contributi restituiscono un quadro che si propone di alimentare un confronto aperto, interdisciplinare e ascalare per affrontare, anche contemporaneamente e in sinergia, temi caratterizzati da un processo di ibridazione e contaminazione degli ambiti di relazione oggi prefigurabili e possibili – fra persone, fra persone e cose/luoghi e fra cose/luoghi – all’interno di un ‘ecosistema’ che risulta essere sempre più sintesi di queste tre modalità di interazione.

  • The Second life of the Built Environment | AGATHÓN 9_2021

    LA SECONDA VITA DELL'AMBIENTE COSTRUITO
    V. 9 (2021)

    Il numero 9 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti su ‘La Seconda Vita dell’Ambiente Costruito’, tema di interesse per il mondo accademico, delle professioni e dell’industria. Cambiamenti climatici, eccessivo consumo di suolo e di risorse non rinnovabili, produzione sempre crescente di rifiuti, emergenza pandemica e crisi socio-economica globale sono entrati di fatto nel nostro quotidiano: seppur drammatiche, per certi versi, tali questioni possono essere colte come un’opportunità per ripensare il modo e il mondo in cui viviamo. In questo contesto di ‘rivoluzione’ (Floridi, 2020) e di ‘policrisi(Losasso, 2020), e con riferimento specifico al settore delle costruzioni, l’Accademia, il mondo della Ricerca e dell’Industria sono chiamati a dare risposte – improntate alla sostenibilità unitamente ai principi del Green Deal ma anche e soprattutto del nuovo Bauhaus – che possano stimolare ripensamenti e ri-orientamenti di processo e di prodotto, nuove progettualità su luoghi, edifici, oggetti e materia in grado di incidere positivamente sulla governance del cambiamento globale di cui il nostro pianeta e l’umanità hanno bisogno, capaci di attivare per il costruito e/o trasformato, a qualsiasi scala, una ‘seconda vita’.
    Le riflessioni e ricerche, declinate attraverso le diverse discipline del progetto, per una seconda vita dell’ambiente costruito che il volume 9 di AGATHÓN accoglie sono diverse e numerose; seppur non esaustivi dei campi d’indagine, i contributi dimostrano come sia possibile rispondere alle sfide climatiche e ambientali già nel breve periodo se c’è la volontà di adottare un nuovo paradigma, un cambiamento radicale che metta in stretta relazione ambiti diversi, dal sociale all’economia, dalla tecnologia alle scienze tutte, interpretando l’attuale emergenza come un’opportunità per ripensare il modo e il mondo in cui viviamo attraverso le tre istanze fondative proposte da Lauria e Azzalin: Cambiamento (del modo di pensare), Responsabilità (etica della cura e della conservazione del pianeta), Umanesimo (solidarietà perché nessuno rimanga indietro).

  • POSSIBLE AND PREFERABLE SCENARIOS OF A SUSTAINABLE FUTURE: Towards 2030 and Beyond

    SCENARI POSSIBILI E PREFERIBILI DI UN FUTURO SOSTENIBILE | VERSO IL 2030 E OLTRE
    V. 8 (2020)

    Il numero 8 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti sul tema dal titolo ‘Scenari possibili e preferibili di un futuro sostenibile – Verso il 2030 e oltre’: tema di costante interesse quello dell’indagare sul futuro – potremmo quasi dire di prassi consolidata – per l’Accademia e per il mondo delle professioni e dell’industria. Siamo entrati nel terzo decennio del nuovo millennio, e dobbiamo riflettere sugli obiettivi che ci eravamo posti per il traguardo del 2020, sui risultati finora raggiunti e soprattutto su quelli non ottenuti, nella consapevolezza che già entro il 2030 il mondo sarà profondamente diverso: i principali contributi intellettuali e scientifici del nostro tempo convergono nel sottolineare quanto i quattro fattori che oggi incidono maggiormente sul pianeta – la tecnologia, il mercato globalizzato, la questione ambientale e la salute – stiano pressando tutte contemporaneamente, con inevitabili implicazioni sul territorio, sulle città, sulle architetture, sui prodotti e sui servizi che saranno progettati, sviluppati e utilizzati in futuro. Un tentativo di risposta per questo orizzonte temporale è suggerito dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 delle Nazioni Unite. Ma l’aver posto questi obiettivi basterà ad accelerare l’innovazione del vivere, abitare, produrre, lavorare, costruire, pensare nel senso più profondamente sostenibile? Vi è ormai la profonda consapevolezza che il futuro dei territori, dei paesaggi, delle città, delle architetture e dei prodotti del fare umano dipenderà quasi totalmente dalle decisioni che prenderemo oggi, da quanto sapremo essere ‘preparati’, ‘visionari’ e ‘anticipatori’ e da come declineremo il tema della sostenibilità, della mitigazione, dell’adattamento (nelle loro accezioni più ampie) rispetto agli obiettivi posti. Spingendoci oltre il 2030 e immaginando il 2050, dovremo certamente confrontarci con un aumento della popolazione che sfiorerà i dieci miliardi di individui, concentrati per il 75% nei centri abitati e nelle aree urbanizzate (Nazioni Unite, 2019), il che farà delle città del futuro, e degli scenari che le sottenderanno, i veri elementi cruciali su cui si giocherà la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’intero pianeta.
    Diverse le domande avanzate dalla Call alcune delle quali hanno trovato risposta nei contributi pubblicati. Nella sezione ‘Focus’ del volume, i saggi introduttivi riportano il personale contributo degli studiosi invitati nella qualità di esperti sul tema tra cui Carlo Ratti (Professore presso il Massachusetts Institute of Technology) e Daniele Belleri (dello studio CRA – Carlo Ratti Associati), Lavinia e Thomas Herzog (Professor Emeritus of Excellence presso la Technische Universität di Monaco di Baviera), Dario Russo (Professore presso l’Università di Palermo) e Massimo Moretti (Fondatore del gruppo WASP), Patrick Thépot (Professore presso la École Nationale Supérieure d’Architecture di Grenoble), Françoise Blanc (Professoressa presso la Ecole Nationale Supérieure d’Architecture di Toulouse).
    Alla luce dei contributi pubblicati possiamo affermare che una visione del futuro sostenibile dell’Abitare, con uno sguardo ai due orizzonti temporali del 2030 e del 2050, si giocherà su dieci principali macro-questioni: 1) transizione ecologica e incremento della qualità ambientale; 2) transizione alla green economy ed efficacia e circolarità nell’uso delle risorse; 3) mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, verso una totale neutralità carbonica; 4) bioclimatica, efficienza energetica e rinnovabilità delle fonti, verso il modello di positive energy cities; 5) progressiva riduzione del consumo di suolo, verso il modello di ‘consumo di suolo zero’; 6) dialettica tra globalizzazione e glocalizzazione; 7) transizione digitale, tecnologie abilitanti e opportunità legate a sistemi di Data Science e a Industria 4.0; 8) interazione dei più avanzati e diversificati expertise con communities sempre più smart, in un’ottica di condivisione e inclusione; 9) sfide ‘policrisi’ aperte dal tempo della pandemia e dalla minaccia di future forme pandemiche; 10) innovazione dei modi e degli spazi dell’abitare, lavorare, studiare, produrre, consumare e socializzare, nell’interfaccia sinergico e trasversale ‘con’ e ‘tra’ tutte le precedenti macro-questioni. Questioni, approcci e visioni, dunque, da pensare non più come fattori a sé stanti, ma piuttosto come parti attive di un progetto strategico in costante evoluzione e aggiornamento, che le veda co-partecipanti nella definizione di scenari in cui i processi di trasformazione della nostra società siano da esse indirizzati, nutriti, caratterizzati, per continuare a immaginare e costruire un futuro più desiderabile delle nostre città.

  • FROM MEGA TO NANO | THE COMPLEXITY OF A MULTSCALAR PROJECT – DAL MEGA AL NANO | LA COMPLESSITÀ DEL PROGETTO MULTISCALARE | AGATHÓN 7 | 2020

    DAL MEGA AL NANO | LA COMPLESSITÀ DEL PROGETTO MULTISCALARE
    V. 7 (2020)

    Il numero 7 di AGATHÓN raccoglie saggi, studi, ricerche e progetti sul tema dal titolo ‘Dal Mega al Nano: la Complessità del Progetto Multiscalare’, tema indissolubilmente legato alla sempre maggiore richiesta di trans e multidisplinarietà del progetto. La capacità di effettuare ‘salti di scala’, di agire su scale diverse e di costruirne di nuove o di mutare il senso di quelle comunemente accettate è una pratica comune dell’approccio al progetto, e riguarda da sempre gli architetti, gli ingegneri, i designer e gli artisti, nei molteplici significati simbolici e reali della misura di un territorio, di una città, di un’architettura e di un oggetto. I concetti di scala e di misura sono indispensabili per correlare, in un’ottica sistemica, il particolare con il generale, il dettaglio con l’insieme, per interpretare e rappresentare, per discretizzare e ricomporre elementi e parti tra loro in un rapporto di gerarchia o di interconnessione, per indagare il fisico e il sociale, per delinearne criticità e potenzialità, ma soprattutto per stabilire l’importanza degli aspetti relazionali fra l’insieme e le sue parti come chiave di lettura della loro identità, della loro natura e organizzazione, dei principi di regolazione e del ruolo svolto nei diversi contesti, ovvero di quei fattori indispensabili per individuare forma e struttura di un territorio, di una città, di un’architettura e di un oggetto.
    La nozione di scala in Architettura regola la dimensione dello spazio antropico, ponendo sempre come riferimento la dimensione umana. La scelta della scala è inevitabilmente una selezione concettuale di ciò che in effetti il progetto vuole rappresentare. Quando invece si utilizza la rappresentazione multiscalare si cerca di esplicitare la complessità del reale servendosi di un maggior numero di criteri regolatori e di valutazioni specifiche, non solo descrivendone gli aspetti dimensionali e geometrici, ma soprattutto evidenziandone in maniera significativa gli aspetti qualitativi e quelli legati all’identità, alla cultura e alla storia. Ciò significa che non esiste una sola scala per la rappresentazione del territorio, della città, dell’architettura, di un oggetto o di un dettaglio; tuttavia, nella logica della necessaria multiscalarità il progetto seleziona di volta in volta la scala più adeguata allo svolgimento delle pratiche. La scala, quindi, ha un’interferenza logica sul progetto: grazie agli avanzamenti della tecnologia nell’ambito della progettazione a tutti i livelli, essa probabilmente è la componente del progetto su cui maggiormente il progettista agisce coordinando relazioni reali e virtuali in maniera simultanea; queste relazioni non terminano con la concretizzazione della forma, ma continuano nel tempo e modificano la gestione della complessità propria dell’oggetto.
    I saggi e le ricerche pubblicati dimostrano che, se misurare usando la scala come strumento significa prendere possesso delle cose del mondo stabilendone le differenze, il fuori-misura può costituire la base per nuovi assunti teorici in cui l’infinitamente grande (il ‘mega’) e l’infinitamente piccolo (il ‘nano’) concorrono simultaneamente nella definizione di questioni centrali come la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, la resilienza, il governo del territorio, la concezione dello spazio, l’estetica, l’uso, lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e materiali, ecc. L’approccio multiscalare può quindi essere considerato un importante strumento progettuale operativo che, in un’ottica sistemica, può favorire la proposizione di adeguate strategie d’azione e di pianificazione degli interventi sostenibili, sviluppando nuove metodiche, tecniche operative e metriche condivise, attraverso ragionate gerarchie di priorità necessarie a ottimizzare le scelte del progetto e a determinare credibili bilanci costi/benefici (soprattutto di natura ambientale).

  • Resilienza fra Mitigazione e Adattività – Resilience between Mitigation and Adaptation

    RESILIENZA FRA MITIGAZIONE E ADATTIVITÀ
    V. 6 (2019)

    Il numero 6 di AGATHÓN dal titolo ‘Resilienza fra Mitigazione e Adattività’ raccoglie riflessioni sui cambiamenti climatici, ambientali e antropici che stanno caratterizzando questo inizio di millennio e che costituiscono un tema sempre più centrale nel dibattito internazionale poiché condizionano da un lato la salvaguardia di territori, di paesaggi e di contesti urbani fragili, dall’altro gli usi, le prestazioni e l’efficienza di manufatti architettonici e oggetti di uso quotidiano. Inoltre, la scarsità di risorse naturali, la crisi economica globale, i flussi migratori di massa e l’imprevedibilità degli eventi sismici rappresentano una fonte di continua instabilità cui è possibile far fronte solo con un ‘pensiero resiliente’ capace di dare risposte a cambiamenti continui o repentini.
    All’interno di un processo dinamico positivo, volto alla gestione degli eventi e alla ricostruzione di un nuovo equilibrio (paesaggistico, urbano, architettonico, economico, sociale, ecc.), la Resilienza non implica il ripristino di uno stato iniziale, ma l’acquisizione di un nuovo equilibro e il mantenimento della funzionalità attraverso due strategie di approccio: la prima Adattiva, focalizzata sul carattere dinamico delle metodologie operative – da quelle ideative, compositive/progettuali, a quelle produttive, realizzative, di esercizio e gestionali – in cui tutti gli elementi dell’ambiente costruito, dalla scala territoriale, urbana ed edilizia, a quella materica e oggettuale, si adattano ai nuovi equilibri con efficienza e livelli di prestazione più elevati; la seconda Mitigativa, dove la ricerca è orientata verso tecnologie innovative (di processo, di progetto e di prodotto) volte alla prevenzione del rischio e alla minimizzazione degli impatti – in relazione a eventi perturbanti dovuti ai cambiamenti ambientali, sismici, antropici e sociali – e che mirano alla realizzazione di sistemi territoriali e urbani, di edifici, di oggetti, di componenti e materiali sensibili, con comportamento variabile e in equilibrio energetico-dinamico con le modificazioni climatiche e ambientali.
    Nei contributi pubblicati risulta essere ampiamente evidenziata, sotto le varie declinazioni disciplinari e scientifiche, la pressante azione che i cambiamenti climatici, ambientali e antropici stanno apportando all’ambiente in generale e in particolare a quello urbano. Varie le metodologie, le ricerche, le riflessioni e i progetti che sono raccolti in questo numero di AGATHÓN e che mirano tutti tanto a un’Architettura quanto a un Design Resiliente adattivi, rivolti a realizzare un rapporto simbiotico sostenibile fra l’uomo e il pianeta in cui vive.

  • Pro-Innovazione: Processo, Produzione, Prodotto – Pro-Innovation: Process Production Product

    PRO-INNOVAZIONE | PROCESSO PRODUZIONE PRODOTTO
    V. 5 (2019)

    L’inizio del terzo millennio ha avviato un’era di cambiamenti senza precedenti per le città, l’architettura e il design. Fattori economici, sociali e ambientali hanno stimolato e condizionato negli ultimi due decenni la ricerca e la produzione verso sostanziali cambiamenti di paradigma, orientandola verso nuove sfide per realizzare sistemi urbani, edifici e oggetti più intelligenti, più resilienti, più responsivi e adattivi, più efficienti e più sostenibili – dal nearly Zero Energy Buildings (nZEB) fino al Positive Energy Architecture (PEA) – progettati e realizzati più velocemente, con costi inferiori e con un impatto positivo sull’ambiente, sulla società, sulla salute e sulla produttività, in una parola più innovativi. È opinione condivisa che l’innovazione sia oggi più che mai lo strumento attraverso cui è possibile uscire dalla crisi economica globale, mirare alla prosperità economica e al miglioramento della qualità della vita, aumentare la produttività, favorire la competitività, sostenere la sfida della globalizzazione e della sostenibilità ambientale, sia essa di livello ‘incrementale’ (miglioramento di un processo produttivo già esistente) sia ‘radicale’ (tale da introdurre un nuovo metodo o sistema produttivo che non ha eguali nel passato).
    Alla luce di quanto sopra, AGATHÓN si è proposta di affrontare il tema ‘Pro-Innovazione | Processo Produzione Prodotto’ con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e realizzazioni (di nuove architetture, interventi di recupero e restauro, arte e design) che potessero costituire casi esemplari per innovazione, sostenibilità e inclusione sociale, declinando il tema sulla: 1) Innovazione di Processo, come sequenza e modelli di organizzazione, di gestione e di controllo delle fasi di processo, come metodologie operative (ideative, compositive/progettuali, produttive, realizzative, di esercizio, gestionali e di dismissione dell’opera/prodotto) dell’intero ciclo di vita del manufatto, come apparati normativi, nuove figure professionali e competenze tecniche, modalità di coinvolgimento degli operatori e degli utenti nei diversi step decisionali, ecc.; 2) Innovazione di Produzione, come strumenti funzionali all’ottimizzazione delle varie fasi del processo di produzione tra cui macchinari e robotica per la fabbricazione digitale (fresatura CNC, taglio al laser, stampa 3D, ecc.), per la prototipazione e per la prefabbricazione, relativa a software di analisi e di progettazione e simulazione (anche con realtà virtuale) CAD e CAM, BIM, digitale, parametrica, algoritmica e generativa, ambientale, strutturale, energetica e termica; tecniche e tecnologie costruttive d’istallazione e di assemblaggio, ecc.; 3) Innovazione di Prodotto, come materiali/componenti/oggetti intelligenti, avanzati e compositi, riciclabili e sostenibili, nanostrutturati, a memoria di forma, a cambiamento di fase e autoriparanti, responsivi e adattivi, dal basso costo, dal contenuto impatto ambientale e dalle elevate prestazioni, come apparecchiature di automazione, di rilevamento, di gestione e di controllo per l’ottimizzazione delle prestazioni, come tecnologie ‘passive’ per involucri efficienti, tra cui i sistemi di ventilazione e raffrescamento naturale, di recupero, di stoccaggio e riciclo dell’acqua, di produzione di energie rinnovabili off-grid.
    Una varietà di proposte e di nuove visioni del processo, della sua gestione e della produzione edilizia, che indica nuove strade d’innovazione e di figure professionali, ma nello stesso tempo fanno riflettere anche sulla perdita (forse) di una conoscenza culturale e tecnologica che vedeva il progettista detentore di un sapere globale che oggi sembra essere sempre più frammentato.

  • Impermanence between Necessity and Pleasure

    IL TEMPORANEO FRA NECESSITÀ E PIACERE
    V. 4 (2018)

    Se una volta era il tempo a sancire e a governare il rapporto fra architettura e storia, a evidenziare la capacità dell’architettura di essere tramandata ai posteri, di essere eredità e testimonianza di un determinato periodo storico, oggi il concetto di durata deve essere ripensato, dovendosi confrontare con variabili tipiche della contemporaneità e che identificano una nuova architettura provvisoria e mobile, dando vita a rinnovate forme e sistemi appartenenti a un’architettura che definiremo Temporanea. Una modernità sempre più indirizzata a fornire risposte immediate a situazioni continuamente mutevoli, caratterizzata dalla disponibilità di nuovi materiali, di componenti e di sistemi costruttivi che hanno reso la realizzazione di manufatti provvisori e mobili più rispondente alle esigenze della produzione e dell’utenza. Le Architetture Temporanee diventano così i ‘non luoghi’ dell’architettura, dando vita a un settore di ricerca, di sperimentazione e di progettazione nuovo e originale, finalizzato alla realizzazione di effimeri spazi costruiti, che si contrappongono a quelli permanenti e duraturi, appartenenti a una architettura consolidata e più convenzionale. Tutto ciò al contempo si coniuga con una lunga storia della temporaneità e dell’effimero in architettura, e nelle arti ad essa connesse, intesi tra l’altro come occasione di celebrazione e di sperimentazione progettuale.
    Oltre che in risposta all’emergenza (quali calamità naturali, esodi conseguenti a guerre o a traumi politici, ecc.), cui ogni comunità deve essere in grado di potere dare risposte concrete all’eventualità di una inaspettata provvisorietà dell’abitare, la temporaneità può essere protagonista di un’architettura che, con sistemi innovativi mobili e variabili, può fornire risposte funzionali alle sollecitazioni dei nostri sensi: il gustare, il vedere, il sentire, il toccare, l’odorare. Sono queste sollecitazioni a stimolare la creatività del progettista nella ricerca di architetture provvisorie, oltre a rispondere alle esigenze e ai requisiti che definiscono e caratterizzano la temporaneità (montabilità, smontabilità, assemblaggio, flessibilità, trasportabilità, ecc.). Alla temporaneità si affianca così una ulteriore valenza, che ne arricchisce il significato e che vede nel ‘piacere’ un valore aggiunto per la creazione di unità ambientali provvisorie ma nello stesso tempo altamente tecnologiche, o rappresentative, dove i materiali e le tecniche possono trovare una esaltazione costruttiva e assurgere, anche se per un breve periodo, ad Architettura. La dimensione del ‘piacere’ è legata alla dimensione del progetto, che ne ricerca il suo soddisfacimento, in cui antropometria, requisiti tipologico-dimensionali e materiali confluiscono nel risultato finale che, oltre a rispondere ai parametri peculiari dell’architettura temporanea, offre soluzioni idonee all’accessibilità per tutte le categorie di fruitori.
    Tutti i contributi pubblicati identificano nuovi aspetti di una Temporaneità, che non è più relegata in una iniziale e breve fase del processo costruttivo, in cui l’Architettura sembra non essere coinvolta, ma al contrario, come precisato nell’introduzione a questo editoriale, ci troviamo di fronte a un concetto di durata che deve essere ripensato, confrontandosi con le variabili tipiche della contemporaneità che identificano una nuova Architettura che sebbene provvisoria, impermanente, è anche duratura grazie a una rinnovata funzionalità, dove materiali, tecniche e contesti sociali possono trovare una esaltazione costruttiva ed elevarsi ad Architettura, anche se per un breve periodo.

  • Teaching and Projects of Architecture Schools

    DIDATTICA E PROGETTI NELLE SCUOLE DI ARCHITETTURA
    V. 3 (2018)

    Il numero 3 di AGATHÓN si propone di attivare un confronto fra Docenti, Studiosi e Progettisti in relazione alle richieste avanzate dalla Call for Papers: Quale sarà la nuova Architettura per questo terzo Millennio? In un contesto nazionale e internazionale dove l’Architettura, nella sua accezione più intima, sembra essere un’arte dimenticata, dove gli scenari urbani si presentano sempre più degradati e improntati da uno stanco e logoro razionalismo, dove sembrano imperare solo le architetture delle Archistar, sorge spontaneo domandarsi cosa fare? Quale sarà il compito che dovranno assumere i luoghi della formazione nei confronti di questo scenario così complesso, attraversato da tanta innovazione tecnologica e immateriale, ma anche da tanta arretratezza culturale e materiale? Le Scuole di Architettura si stanno rinnovando, hanno strategie adeguate con i nuovi tempi e i diversi luoghi?
    Già nell’Editoriale di AGATHÓN 2 Alberto Sposito sottoponeva al lettore alcune perplessità che riemergono nelle tematiche affrontate in questo numero: «l’architettura come pratica artistica esiste ancora? È arte che va inesorabilmente scomparendo all’ombra delle cosiddette Archistar? Quali linguaggi, forme, espressioni potranno scaturire dall’innovazione dei processi, dei materiali e dei prodotti, in risposta alle esigenze di una contestuale sostenibilità economica, sociale e ambientale? Gli ordinamenti e la didattica nelle Scuole di Architettura sono adeguati ai vari contesti, dato lo stato sociale, politico, culturale, economico (e anche morale), in cui ci troviamo? L’Università è in grado di comunicare in modo efficace e corretto ai cittadini di domani? Infine, avviandoci a Industria 4.0 o meglio a Edilizia 4.0, le norme e le procedure relative al progetto sono opportune e giuste o costituiscono vincoli opprimenti e malefici?». Le risposte pervenute alle tante domande avanzate sono state molte e dai contenuti interessanti ed evidenziano differenze o coincidenze fra le diverse Scuole di Architettura, di Ingegneria e di Design nazionali e internazionali.
    Se è auspicabile e necessario «un confronto ampio e aperto fra quanti nelle istituzioni, nella ricerca, nel mondo accademico, professionale e produttivo sono interessati a prefigurare strategie e attuare azioni finalizzate a offrire nuove competenze, a innalzare la qualità del progetto e delle opere costruite, a ripensare le forme della conoscenza e gli stessi statuti cognitivi del progetto» (tratto dalla presentazione al Convegno Internazionale La produzione del Progetto, SITdA e dArTe, Università Mediterranea di Reggio Calabria, 14-15 giugno 2018), forse chi scrive questo Editoriale non riuscirà a vedere ed essere partecipe come Docente ai risultati generati da una nuova formazione che sta percorrendo la strada che conduce o inizia da Industria 4.0, oppure quella che guida verso una nuova Architettura o un nuovo Design più consapevoli e rispettosi dell’ambiente ma specialmente degli individui, cercando di allontanare i ‘malefici’ che complesse strutture burocratiche hanno iniziato a ‘costruire’ attorno alla didattica, alla conoscenza e alla coscienza culturale dei futuri progettisti.

  • Architecture and Nature

    ARCHITETTURA E NATURA
    V. 2 (2017)

    Definire i due termini Architetura e Natura, risulta difficile: ciò perché l’Architettura è stata sempre presente nella cultura, pur assumendo significati diversi da civiltà a civiltà o da epoca ad epoca, e perché la Natura è stata modellata via via nel tempo da fenomeni e forze imprevedibili. Come ha rilevato Gabriele D’Annunzio (Il Fanciullo) «natura e arte sono un dio bifronte […] tu non distingui l’un dall’altro volto ma pulsar odi il cuor che si nasconde unico nella duplice figura», così anche noi possiamo dire che natura e architettura costituiscano un binomio non come somma, ma come insieme indissolubile di due entità legate da uno stretto rapporto. Per chiarezza e per orientamento assumiamo questi due significati.
    L’Architettura è l’arte di formare, attraverso mezzi tecnici, costruttivi e artistici, spazi fruibili ai fini dei bisogni umani: edifici, giardini e anche monumenti, considerati nella loro funzione spaziale; Architettura è opera di costruzione ideata ed eseguita, in cui le varie parti sono congegnate, strutturate e composte come elementi di un organismo che appartiene alle arti figurative. In altri termini, l’Architettura è quindi anche un’arte che fa parte delle cosiddette arti visivo-plastiche, come la scultura; è la disciplina che ha come scopo l’organizzazione dello spazio a qualsiasi scala, ma principalmente quella in cui vive l’uomo. La Natura è il fondamento dell’esistenza nella sua configurazione fisica e nel suo divenire biologico, in quanto presupposto causativo, principio operante o realtà fenomenica. La Natura è l’insieme di tutte le cose esistenti considerato nella sua forma complessiva, nella totalità, cioè, dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano; è l’insieme dei caratteri di una regione, poco o non ancora modificati dalla civiltà. Il termine deriva dal latino natura, participio futuro del verbo nasci (nascere), e letteralmente significa ‘ciò che sta per nascere’; in accordo con il significato etimologico, in filosofia la natura è intesa finalisticamente come il principio che opera come forza vitale, superiore alla realtà della materia inanimata, che spinge tutti gli esseri viventi verso il mantenimento delle specie attraverso la riproduzione.
    Con la call si chiedeva di declinare i due termini di Architettura e Natura sotto tre diversi punti di vista: sugli aspetti formali, sugli aspetti visivi e su quelli materiali; in particolare: a) sulle forme che l’architettura assume in riferimento a quelle della natura; b) sui materiali naturali impiegati nell’architettura, quali la pietra, il legno, la terra cotta, la terra cruda, il verde, l’acqua; c) sul paesaggio naturale e sul paesaggio urbano, finalizzato alla tutela e alla modificazione dell’ambiente naturale o alla strutturazione dell’ambiente urbano, per renderlo sempre più funzionale e rispondente alla crescente concentrazione sociale nelle città.
    In tal senso vanno letti il contributo sulle architetture della natura animale e vegetale, progettate in modo consapevole, interattivo e adattivo, e quello sugli involucri edilizi responsivi, capaci cioè di fornire prestazioni in risposta alle modificazioni climatiche e alle particolari variazioni ambientali. Ma è da chiedersi: l’Architettura come pratica artistica esiste ancora? È arte che va inesorabilmente scomparendo all’ombra delle cosiddette archistar? Quali linguaggi, forme, espressioni potranno scaturire dall’innovazione dei processi, dei materiali e dei prodotti, in risposta alle esigenze di una contestuale sostenibilità economica, sociale e ambientale? Gli ordinamenti e la didattica nelle Scuole di Architettura è adeguata ai vari contesti, dato lo stato sociale, politico, culturale, economico (e anche morale), in cui ci troviamo? L’Università è in grado di comunicare in modo efficace e corretto ai cittadini di domani? Infine, avviandoci a Industria 4.0 o meglio a Edilizia 4.0, le norme e le procedure relative al progetto sono opportune e giuste o costituiscono vincoli opprimenti e malefici?

  • Continuità: Progetti per la Città Storica

    CONTINUITÀ: PROGETTI PER LA CITTÀ STORICA
    V. 1 (2017)

    Dalla crisi degli anni Settanta agli anni ’90, oltre a una politica mirata al recupero del patrimonio edilizio moderno e contemporaneo, è stato possibile rilevare sia una più ampia ricerca sui beni culturali del nostro Paese, sia un crescente interesse del pubblico verso i contesti antichi. Con il termine Contesti Antichi ci si riferiva a quegli insiemi architettonici e ambientali a forte connotazione storica, che risultano stratificati da antica data, spesso sovrapposti, e che occupano ambiti extra-urbani e urbani. Tali siti sono luoghi in cui è necessario il confronto disciplinare fra l’archeologia, la storia dell’arte, l’architettura, la museografia, l’urbanistica, l’ingegneria naturalistica e, non ultima, la tecnologia; ciò non soltanto per la loro conoscenza, ma anche per la conservazione, la messa in valore e la loro fruizione.
    Per stimolare su tale tema particolare un confronto tra diverse aree disciplinari, AGATHÓN raccoglie i contributi di studiosi con l'obiettivo di: a) contribuire, con analisi legate ai processi formativi, alla conoscenza, complessa e pluridisciplinare, che i contesti antichi richiedono per il recupero, la conservazione e la fruizione; b) integrare la cultura umanistica con la cultura scientifica, tecnologica e ambientale; c) determinare criteri, parametri e stime per una conservazione duratura e adeguata, sia al degrado che al contesto specifico; c) mirare alla messa in valore e alla fruizione di tali contesti antichi, ricercandone le implicazioni museografiche ed economiche.
    Ciascun numero della Rivista accoglie lavori di ricerca su di un tema specifico, lavori non pubblicati, né proposti per la pubblicazione ad altro editore, su temi riguardanti l’architettura, l’arte, il design. I contributi saranno pubblicati in lingua italiana e inglese, così da poter essere collocati nel più vasto contesto di ricerca internazionale. Principi fondanti della Rivista sono l’originalità e la rilevanza dei contributi, il rigore della metodologia, ma anche l’agevole accessibilità e l’ampia diffusione degli articoli. Un adeguato spazio, nella misura di circa il 40%, è affidato alle immagini. L’umanista Giovanni Aurelio Augurelli, in un carme latino scritto nelle seconda metà del ‘400, così diceva sulle immagini: «multi multa ferunt, eadem sententia nulli est / pulchrius est pictis istud imaginibus», cioè molti propongono molte interpretazioni, nessuno è dello stesso parere; tutto questo è più bello delle stesse immagini, dipinti o fotografie che siano. In altri termini il bello delle immagini sta nel fatto che esse ci spingono a cercare significati, a ricordare e ad attivare l’immaginazione, con risultato molteplici.