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CALL FOR PAPERS N. 16 | 2024
AFFRONTARE LA COMPLESSITÀ | Conoscenza, progetto e gestione dell'ambiente costruito
scadenza presentazione abstract | 07 Luglio 2024
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 16 | 2024, che sarà pubblicato nel mese di Dicembre 2024, ha proposto il tema Affrontare la Complessità| Conoscenza, progetto e gestione dell'ambiente costruito.

La Complessità (dal verbo latino ‘plectere’ = intrecciare, ‘cum’ = insieme) è una condizione nella quale sono presenti tanti elementi intrecciati insieme, a formare un’unità. Diverse sono le definizioni in ambito scientifico: Melanie Mitchell (2021) nel volume Complexity – A Guide Tour spiega la complessità sostenendo che quando si deve definire un qualcosa che non si conosce la si definisce come qualcosa di ignoto e di cui non si ha il controllo; George E. Mobus e Michael C. Kalton (2015), in Principles of System Science, definiscono i sistemi complessi come sistemi non lineari, quindi reticolari, fatti di parti, di nodi, di linee e di interazioni che li connettono secondo logiche non sempre note e talvolta con alcune relazioni privilegiate rispetto ad altre; Ceruti e Bardi (2021) sostengono che la complessità – al pari di ciò che è complesso – non è semplificabile, che una delle caratteristiche dei sistemi complessi è legata al fatto di non essere interamente prevedibili e infine che la loro governance e controllo sono importanti perché se non si comprendono i sistemi complessi è impossibile gestirli. Il volume di Federico Butera (2021) Affrontare la Complessità restituisce, con una visione ampia e con dati esaustivi, la particolare condizione in cui versa il nostro Pianeta: sebbene abbia un carattere prevalentemente divulgativo, il volume si fonda sui risultati di ricerche scientifiche condotte da Organizzazioni internazionali e studiosi con l’obiettivo di restituire «[…] una realtà profondamente complessa […] in cui i fenomeni climatici e ambientali incidono su quelli umani e sociali, e viceversa» (Fioramonti, 2021, p. 9) e far emergere come la biosfera sia governata da un sistema di relazioni e interconnessioni multidimensionali, rispetto alle quali modifiche anche piccole in uno specifico contesto determinano reazioni a catena in ambiti differenti, influenzando tanto la natura quanto l’essere umano a scala globale.

Se in passato l’uomo è stato uno dei tanti fattori che ha modificato l’ecosistema oggi l’attività antropica è considerata una delle principali cause del cambiamento climatico e dell’innalzamento della temperature terresti e marine, a tal punto che l’era in cui viviamo è stata denominata Antropocene (Crutzen and Stoermer, 2000): a partire dalla seconda metà del XVIII secolo le attività dell’uomo e il progresso (scientifico e tecnologico) hanno prodotto effetti tangibili ed esponenzialmente accelerati sulla biosfera, da un lato rendendo precario l’equilibrio del suo ecosistema, dall’altro incidendo su sicurezza, salute, benessere nonché sulla disponibilità di beni e mezzi di sussistenza dei suoi abitanti (Meadows et alii, 1972; Apreda, D’Ambrosio and Di Martino, 2019). La ‘complessità’ della condizione in cui versa il Pianeta è evidente: il cambiamento climatico, secondo Amitav Ghosh (2017), non è un pericolo in sé, ma rappresenta un ‘moltiplicatore di minacce’ che stressa e amplifica l’instabilità e l’insicurezza già presenti in alcune aree del mondo, ancor di più perché molti Paesi industrializzati hanno già superato notevolmente la relativa ‘biocapacità’ (Beyers and Wackernagel, 2019), diventando di fatto ‘creditori ecologici’ (Świąder et alii, 2020). Anche Thomas L. Friedman (2016) rileva quanto sia ‘complessa’ e in continua ed esponenziale evoluzione la condizione nella quale ci troviamo: il Pianeta che popoliamo già nel 2030 sarà molto diverso da quello che conosciamo perché soggetto alle tre ‘forze’ della Legge di Moore con la ‘tecnologia’, del Mercato con la ‘globalizzazione’ e di Madre Natura con il ‘cambiamento climatico e la perdita di biodiversità’ che pressano tutte contemporaneamente sulla biosfera.

In quest’ottica il ‘complesso’ va riportato al suo significato etimologico di ‘tessuto’ o ‘tenuto insieme’, connettendo i saperi nel circolo virtuoso di una conoscenza che si articola in una visione sistemica del mondo reale fondata sul principio di ‘coevoluzione’ dei sistemi sociali e dei sistemi ecologici (di cultura e natura) e sulla consapevolezza che essa determina, da un lato l’intreccio di molteplici catene causali (ad esempio, sebbene la crisi da pandemia sia di tipo sanitario è diventata anche una crisi biologica, ecologica, economica, sociale, culturale e spirituale) con effetti interdipendenti, dall’altro effetti che retroagiscono anche sulle cause perché la causalità è circolare (Bateson, 1979); secondo Ceruti e Bardi (2021) purtroppo questa visione stenta a tradursi nell’operatività del quotidiano e nel guidare sia l’osservazione del mondo sia il progetto, che è espressione del nostro essere nel mondo.

Le modalità con cui viviamo, indipendentemente dal luogo in cui ciò avviene, hanno un impatto sulla biosfera e determinano reazioni a catena in ambiti differenti che influenzano tanto la natura quanto l’essere umano a scala globale: cambiamento climatico, rischi per la salute, perdita della biodiversità, uso indiscriminato delle risorse non rinnovabili, ineguaglianze e accessibilità concorrono a una condizione di ‘policrisi’ Morin (2020) che amplifica lo stato di incertezza sul nostro futuro e la vulnerabilità dell’intero ecosistema, soprattutto perché le azioni progettuali messe in campo non affrontano la cogente questione ambientale in chiave sistemica e olistica.

E allora, come trasformare la complessità da sfida a opportunità? Come affrontare le complesse questioni che riguardano la conoscenza, il progetto e la gestione del costruito rispetto agli ormai imprescindibili pragmatici indicatori di sostenibilità ambientale, sociale ed economica? Quali le strategie, le misure, le azioni e gli strumenti che le aree disciplinari dell’Architettura possono mettere in campo in una visione olistica e con approccio sistemico per rispettare i termini dell’Accordo di Parigi (UN, 2015a)? Come individuare quelle con il miglior rapporto costo/benefici e capaci di produrre sinergie per il raggiungimento del maggior numero possibile degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dalla Nazioni Unite (UN, 2015b)? Come ripensare i sistemi economici estrattivi (basati sulla produzione) e indirizzarli verso quelli rigenerativi (basati sulla valorizzazione dell’esistente e sui servizi)? Come mettere in pratica nuovi approcci progettuali sistemici capaci di affrontare la complessità del presente dalle radici, sviluppando soluzioni attraverso le quali intere società possano intenzionalmente passare a un futuro a lungo termine più sostenibile, equo e desiderabile, anche attraverso visioni co-create, capace di informare le soluzioni del presente e aprire la strada verso un futuro auspicabile (Tonkinwise, 2015)? Come mettere a sistema conoscenze e saperi per meglio cogliere le questioni multidimensionali, fondamentali e globali dell’epoca attuale nella loro irriducibile complessità?

Sulla scorta di queste riflessioni, AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Paesaggio, dell’Urbanistica, della Composizione Architettonica e Urbana, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Affrontare la Complessità | Conoscenza, progetto e gestione dell’ambiente costruito con l’obiettivo di alimentare un confronto aperto, attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi, esclusivamente di impronta multidisciplinare e multiscalare, innovativi e sostenibili, che affrontano questioni quali, a titolo indicativo ma non esaustivo:
• approccio olistico e sistemico;
• multidisciplinarietà e multiscalarità spaziale e temporale;
• rapporto tra ‘sufficienza’ e ‘crescita’, tra salvaguardia dell’ambiente e benessere;
• simbiosi tra natura e artificio;
• sviluppo sostenibile, rigenerazione urbana e mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici;
• sinergie e compromessi tra i diversi SDG;
• sinergie e compromessi tra le transizioni ecologica, energetica e digitale;
• globalizzazione e glocalizzazione;
• nuovi sistemi e forme dell’abitare e dello spazio pubblico (tipi e tipologie, soluzioni passive, flessibilità d’uso, mixitè funzionale, accessibilità, uso del suolo, albedo solare, qualità dello spazio, ecc.);
• nuovi sistemi e forme della produzione agricola urbana (di comunità, orizzontale e verticale), e relazioni tra costruito, produzione alimentare, energia, acqua, scarti, biodiversità, vendita e consumo, ambiente, ecosistema e tecnologie in una logica di metabolismo urbano circolare;
• nuovi sistemi e forme della produzione industriale, di massa e personalizzata;
• nuove forme di prodotto/servizio/sistema per gli utenti (dal possesso alla condivisione; progettazione dell’esperienza; timeline; touchpoint, gamification, ecc.);
• strumenti e tecnologie digitali per l’acquisizione e l’analisi dei big data e piattaforme digitali ad accesso aperto per la condivisione e gestione di dati relativi a tutto il ciclo di vita del costruito (dal paesaggio all’artefatto di piccole dimensioni);
• integrazione e implementazione di strumenti digitali per la conoscenza del contesto, la modellazione e simulazione del progetto e la gestione del costruito (ad esempio con l’integrazione nei Digital Twins di dati rilevati in tempo reale da sensori);
• integrazione tra gli strumenti di valutazione del ciclo di vita (LCA), dei servizi ecosistemici (ESA) e del rischio ambientale (ERA/VIA);
• interazione tra spazio fisico e virtuale (realtà virtuale, realtà aumentata, ‘geotagging’, advertising ‘location-based’, ecc.);
• strumenti, metodi e linguaggi della progettazione biofilica ed ecologica tra performatività, estetica del naturale e comunicazione, oltre il ‘greenwashing’ (aspetti formali, percettivi, simbolici);
• ottimizzazione e gestione avanzata del processo (progetto, produzione, prodotto, servizio, fine vita, riuso/riciclo), delle risorse non rinnovabili e degli scarti/rifiuti, per l’implementazione dei cicli di vita di prodotti sostenibili e tracciabili e per l’efficienza energetica del costruito;
• efficienza e circolarità nell’uso delle risorse (zero-waste, value chain, urban mining, material bank, bio-material, re-manufacturing, recycling, up-cycling, design for disassembly/durability/flexibility, ecc.);
• digital manufacturing per la produzione di manufatti, prodotti e materiali (3D, 4D, 5D) sostenibili sia a larga sia a piccola scala, anche attraverso nano e bio-tecnologie;
• …….

 

CALL FOR PAPERS N. 15 | 2024
INNOVABILITY®© (parte III) | Transizione Energetica
scadenza presentazione abstract | 15 Gennaio 2024
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 15 | 2024, che sarà pubblicato nel mese di Giugno 2024, ha proposto il tema INNOVABILITY©® (parte III) | Transizione Energetica, consapevole della sua incalzante attualità ma anche del portato che la proposta di una triplice chiave di lettura e di interpretazione con le precedenti call sulla Transizione Digitale (n. 12 | 2022) ed Ecologica (n. 13 | 2023) introduce.

Gli obiettivi della neutralità climatica entro il 2050 e della riduzione delle emissioni di CO2 del 55% (rispetto al livello del 1990) entro il 2030 (European Commission, 2019, 2021) pongono all’Unione Europea, e ancor più al resto del mondo, una serie di questioni complesse tra cui un sensibile aumento della produzione di energia ‘pulita’ da fonti alternative e rinnovabili, la riduzione della povertà energetica, una maggiore sicurezza delle forniture energetiche e una drastica riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia mirando al contempo a favorire una crescita economica moderna disaccoppiata dall’uso di risorse non rinnovabili e la creazione di posti di lavoro e a generare benefici per l’ambiente e la salute, obiettivi questi con inevitabili implicazioni culturali, politiche, economiche, produttive, tecnologiche e sociali da affrontare sia all’interno dei propri confini sia in ambito di politica estera. Nonostante i diversi provvedimenti legislativi comunitari e nazionali e le cospicue risorse finanziarie stanziate i tre principali assi delle politiche climatiche (riduzione delle emissioni e dei consumi, incremento dell’efficienza energetica e aumento della quota di rinnovabili) non sembra abbiano avuto gli effetti virtuosi sperati.

I recenti Report dell’IPCC (2022, 2023) mettono a nudo la dura verità sullo stato del clima e confermano l’urgenza di agire, segnalano che le politiche messe in atto a partire dal 2020 porteranno a un aumento della temperatura globale di 3,2 °C a fine secolo e individuano nel 2025 il limite massimo in cui iniziare a ridurre le emissioni globali. Gli stessi Report indicano che sono già disponibili gli strumenti per invertire l’attuale tendenza ma sottolineano l’importanza di agire in modo sistemico, attraverso misure trasversali, tra cui quelle di adattamento e mitigazione, equamente distribuite nelle regioni a rischio, e con processi decisionali inclusivi, trasparenti e partecipativi: in questo scenario gli aspetti legati all’energia rivestono un ruolo strategico. La transizione energetica sarà certamente costosa; secondo il World Energy Outlook 2021 (IEA, 2021) per centrare l’obiettivo di neutralità carbonica al 2050 sono necessari 4.000 miliardi di dollari all’anno, un investimento ingente che deve essere gestito in modo ragionato e oculato, valutando tutte le opzioni possibili ed evitando di intraprendere soluzioni costose dall’efficacia incerta. Nel frattempo il Congresso degli Stati Uniti nel 2022 ha varato le tre leggi sul clima (Inflation Reduction Act, Bipartisan Infrastructure Law, CHIPS and Science Act) che impegnano più di 500 miliardi di dollari in crediti d’imposta, garanzie sui prestiti e altri investimenti per la transizione energetica, mentre l’Unione Europea con Repower EU e Fit for 55 ha promosso un Piano da 300 miliardi di euro, di cui 225 in finanziamenti e sovvenzioni e 75 miliardi in prestiti.

La transizione energetica è quindi complessa e difficile da attuare perché coinvolge ‘tutto’ ed è necessaria ‘ovunque’ ma anche perché a livello globale il consumo di energia primaria è in costante aumento da almeno mezzo secolo (Ritchie and Roser, 2022). Ogni attività umana richiede energia e produce gas serra e se Stati Uniti ed Europa rappresentano aree geografiche virtuose nella produzione di energia da fonti rinnovabili, il 75% della popolazione mondiale vive in economie emergenti come Brasile, Cina, India e Sudafrica che oggi sono responsabili di due terzi delle emissioni totali di gas serra, mentre la Cina da sola ne emette più di un quarto: da qui la necessità di pensare a livello globale invece che locale poiché il cambiamento climatico non è solo un pericolo in sé ma rappresenta – per dirla alla Amitav Ghosh (2017) – un ‘moltiplicatore di minacce’ che stressa e amplifica non solo l’instabilità e l’insicurezza già presenti in alcune aree del mondo, ma anche l’economia globale: secondo il World Economic Forum (WEF, 2021) lo scenario più catastrofico con un aumento della temperatura fino a 3,2 °C potrebbe spazzare via fino al 18% del PIL mondiale già entro la metà del secolo. Tutto questo, naturalmente, con costi ingenti anche in termini di vite umane.

Il presente è connotato da una forte incertezza sulla stabilità e la validità dei sistemi tecnologici, economici, produttivi, energetici e infrastrutturali dai quali la società dipende nelle pratiche quotidiane (De Certeau, 2011) e nelle dinamiche di produzione e riproduzione sociale (Lefebvre, 2016); in ragione di ciò gli studiosi concordano sul ruolo strategico della ricerca e sull’importanza della sperimentazione e dello scambio di buone pratiche in un’economia ‘pulita’ basata sull’uso efficiente di risorse non rinnovabili e sull’eco-innovazione di processi, prodotti e soluzioni progettuali (Höpfl et alii, 2022) per abbattere la produzione di emissioni di CO2. Un tale obiettivo può essere raggiunto, in tutti gli ambiti del costruito, superando il limite attuale rappresentato dalla mancata azione coordinata da una ‘regia illuminata’ priva di una visione sistemica e non fondata su una prassi metodologica di tipo multi e interdisciplinare, ascalare e intersettoriale capace di integrare contemporaneamente saperi, professionalità, discipline e settori di produzione differenti (talvolta apparentemente poco affini) per razionalizzare e ottimizzare, combinando tecnologie tradizionali e innovative, da un lato, tutti gli aspetti che entrano in gioco nell’intervento trasformativo e nelle sue dimensioni di processo, di progetto e di prodotto, dall’altro, i flussi di materia in entrata e in uscita perché siano ‘almeno’ equivalenti. In tal senso un contributo rilevante è rappresentato dagli studi di Terry Irwin (2018) che propone un approccio basato sul Transition Design per affrontare le criticità ‘sistemiche’ del nostro secolo attraverso cinque punti: 1) visualizzare e mappare i problemi complessi e le loro interconnessioni e interdipendenze; 2) collocarli all’interno di contesti spazio-temporali di grandi dimensioni; 3) identificare e superare i conflitti tra le parti interessate e gli allineamenti di leva; 4) facilitare le parti interessate nella co-creazione di visioni di futuri desiderabili; 5) identificare i punti di leva nel grande sistema di problemi in cui collocare gli interventi di progettazione.

Sulla scorta di queste riflessioni, AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Innovability©® (part III) | Transizione Energetica con l’obiettivo di alimentare un confronto aperto, attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi (di impronta preferibilmente interdisciplinare e interscalare), innovativi e sostenibili, che affrontano a titolo indicativo ma non esaustivo, temi quali:
• paesaggi energetici;
• infrastrutture e servizi per la mobilità dolce;
• strumenti e metodi per la mappatura, la catalogazione e la diffusione di buone pratiche finalizzate al contenimento e all’azzeramento dei consumi energetici in relazione al rapporto costo/efficacia;
• transition design;
• soluzioni integrate per le transizioni energetica, ecologica e digitale (green/smart cities, buildings, materials, objects e services);
• soluzioni per la sostenibilità energetica con effetti e benefici a scale diverse, da quella urbana a quella indoor e viceversa;
• interventi di retrofit energetico quali driver di rigenerazione urbana, per le periferie e i contesti antichi e per l’architettura storica, moderna e contemporanea;
• strumenti, metodi e linguaggi della progettazione architettonica (aggetti, corti, portici, loggiati, schermature solari, flessibilità d’uso e variabilità di funzioni, etc.) con valori formali, percettivi e simbolici;
• modelli di sviluppo Near Zero, Net Zero e Positive Energy;
• soluzioni ‘ecologiche’ per la sottrazione e lo stoccaggio di carbonio nei distretti urbani;
• strategie di mitigazione dell’albedo solare nel sistema edifici-spazi aperti;
• sistemi responsivi/adattivi, bioclimatici passivi, basati sulla natura e biofilici;
• componenti e materiali innovativi (a cambiamento di fase, di energia, etc.) per il contenimento dei consumi energetici;
• industria 5.0 e ottimizzazione dell’energia incorporata e operativa attraverso approcci circolari, open building, zero waste, recycling, upcycling, design for disassembly, reversible building design, life cycle design, design for longevity, etc.;
• ‘ecosistemi circolari’ per la produzione di energia a impatto zero da scarti o rifiuti;
• produzione e autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, comunità energetiche, distretti a energia positiva, reti intelligenti, soluzioni off-grids, micro grids, etc.;
• sistemi integrati per la produzione di energia (fotovoltaico, solare termico, microeolico, etc.);
• filiere di produzione e consumo a Km zero;
• strategie di sostegno, strumenti user-friendly e servizi per la transizione energetica delle imprese e dei privati;
• strumenti, tecnologie (ICT, IoT, cloud, GIS, Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Digital Twin, BIM 7D, etc.), sensoristica e big data per la valutazione, l’ottimizzazione, la gestione e il monitoraggio dei flussi energetici;
• ……
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CALL FOR PAPERS N. 14 | 2023
MODULO | per il Paesaggio, la Città, l'Architettura, gli Oggetti
scadenza presentazione abstract | 5 Luglio 2023
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 14 | 2023 che sarà pubblicato nel mese di dicembre, ha proposto il tema Modulo |per il Paesaggio, la Città, l’Architettura, gli Oggetti.

Modulo è segno, andamento lineare, forma geometrica o libera che si ripete all’interno di uno spazio determinato mantenendo inalterate le proprie proporzioni. È forma esemplare, norma e regola, numero, unità elementare e di misura. È concetto che esprime armonia, proporzione e qualità. È elemento catalizzatore di storia, cultura e memoria che rimanda, nell’ambito delle diverse discipline dell’urbanistica e del paesaggio, dell’architettura e dell’ingegneria, della rappresentazione, del design e dell’arte, tanto all’uomo (il Kanon di Policleto, l’homo vitruviano, il modulor di Le Corbusier) quanto a suoi artefatti e concettualizzazioni (l’embater greco o l’imoscapo ancora vitruviano, la ‘vesica piscis’ o il ‘modus ad triangulum’ e ‘ad quadratum’ medievale e tutte le sue ulteriori e successive declinazioni). Modulo è misura delle cose e al tempo stesso sintesi delle relazioni che tali misure attivano (connessioni) oppure disattivano (separazioni). Modulo è ritmo, interferenza, struttura, relazione, mutazione, standardizzazione ma è anche sintesi della specifica capacità umana di percepire e semplificare, rappresentare l’ambiente.

Progettare è insieme misurare e mettere in relazione. ‘Contare e raccontare’, come titolavano Carlo Bernardini e Tullio De Mauro (2003), attraverso il concetto di modulo che si presta a essere espressione di un atto (il contare o misurare) e al tempo stesso di una narrazione (il raccontare) entrambe azioni arricchite e alimentate,  nella contemporaneità, da un nuovo capitale semantico che, nel suo essere materiale e immateriale reale e digitale insieme, attiva nuove relazioni transdisciplinari e interdisciplinari coinvolgendo e contaminando tra loro le diverse scale del progetto. Il Modulo, nel suo essere misura olistica delle cose, misura e misurabilità, sembra condividere con la nuova contemporaneità l’idea di uno spazio ‘diverso’ – a qualsiasi scala – da ri-misurare e da ri-contare sia nella configurazione attuale (l’esistente) sia rispetto a ciò che potrà e/o dovrà essere (il nuovo).In quest’ottica, all’interno degli approcci progettuali e trasformativi dell’ambiente, sembra delinearsi una rinnovata e contemporanea espressione di Modulo che si confronta in dinamica evoluzione con le inderogabili istanze di interoperabilità, virtualizzazione, decentralizzazione e sostenibilità.

Un tema attuale, quello del Modulo nel Terzo Millennio, che si rapporta con l’omologa proposizione introdotta da Giulio Carlo Argan (1965) nella raccolta di saggi dal titolo Progetto e Destino, in cui lo storico indaga l’evoluzione del concetto di Modulo e il suo modificarsi lungo la storia insieme ai modi del costruire, sintesi ed espressione culturale, introducendo altresì una nuova e personale definizione, quella del ‘modulo oggetto’ come principio ideativo della costruzione, associandolo al ‘modulo-misura’ come entità dimensionale astratta che stabilisce relazioni qualitative o metriche quantitative tra le parti. In quell’epoca l’applicazione del concetto di ‘modulo oggetto’, compendio dei concetti di ‘modulo compositivo’, ‘modulo costruttivo’ e ‘modulo tipologico’, si materializzava nelle strutture reticolari di Richard Buckminster Fuller e nella ‘modularità addizionale’ di Jorn Utzon, nel concetto di ‘edificio aperto’ di John N. Habraken (1972), nelle esperienze di produzione industrializzata di Konrad Wacsmann o di Kisho Kurokawa (la Nakagin Capsule Tower del 1971 è l’icona del Movimento metabolista) o negli arredi modulari di designers come Charles e Ray Eames e George Nelson, in Abitacolo (1971) di Bruno Munari, un ‘hortus conclusus’ infantile (come egli stesso lo definisce), oppure ancora nella sperimentazione del Sistema Abitativo di Pronto Impiego (SAPI, 1982) di Pierluigi Spadolini in risposta al tema dell’abitazione temporanea o d’emergenza.

Le esperienze citate introducono oggi a nuove concettualizzazioni in progressiva evoluzione, di cui sono esempio le sperimentazioni WikiHouse (Open Systems Lab, 2011), Carmel Place (Narchitects Studio, 2016), The Peak Home (Grimshaw, 2020), TECLA (Cucinella, 2021), Mitosis (GG-loop with Arup, 2021), RED7 (MVRDV, 2022), i blocchi residenziali di Aarhus (BIG, 2022), il masterplan di Odesa Expo 2030 (Zaha Hadid Architects, 2022) o gli emblematici sistemi componibili add-On Radiator di Tube (Pakhalé, 2009) e Coordinates di Flos (Anastassiades, 2019), tutti progetti nei quali il concetto di modulo consente di interpretare e generare spazi, organismi e oggetti complessi e diversificati. Declinabile in infinite scale applicative, ‘dal cucchiaio alla città’ (Rogers, 1952), la modularità riemerge con forza nel nuovo Millennio e può divenire paradigma a supporto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (UN, 2015) se associato ai temi inerenti all’accessibilità, all’adattabilità, alla funzionalità e alla reversibilità con un approccio circolare.

Sulla scorta di queste riflessioni, AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Modulo | per il Paesaggio, la Città, l’Architettura, gli Oggetti come strumento capace di contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e favorire il governo del costruito in tutte le fasi del processo e fino a una sua seconda vita. Si intende così alimentare un confronto aperto, attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi (di impronta preferibilmente interdisciplinare e interscalare), innovativi e ambientalmente sostenibili (in termini di occupazione di suolo, ottimizzazione delle risorse non rinnovabili, riduzione degli scarti e delle emissioni di CO2, resilienza, mitigazione, adattamento, ecc.) per il nuovo e l’esistente, nei quali il Modulo è strumento utile a superare una visione statica e lineare del costruito attraverso una progettazione parametrica, circolare e biofilica con ‘sistemi aperti’, gestibili mediante strumenti digitali intelligenti che permettono di monitorare le prestazioni del sistema lungo il suo intero ciclo di vita, ottimizzandone le fasi ideative, produttive/realizzative e quelle di gestione (smontaggio/dismissione e rigenerazione/riuso/riciclo):

alla scala territoriale e urbana i cui il Modulo rimanda a città storiche (ad esempio il castrum romano) e contemporanee (ad esempio la città dei 15 minuti e i superblocchi di Barcellona) o a comunità (ad esempio quelle energetiche o autosufficienti) ma anche a ‘ecotopi’ che in forma aggregata configurano un’unità di paesaggio, un insieme di elementi naturali e/o antropici i quali, per ricorrenza nello spazio, persistenza nel tempo, interesse documentale od omogeneità d’uso, si differenziano da territori analoghi e/o circostanti rendendoli riconoscibili; e ancora ai servizi ecosistemici, alla mobilità, all’accessibilità e all’impiego di tecnologie digitali, e dunque con riferimento a tutte le applicazioni in smart grids, smart and green infrastructures, smart cities, smart tools, ecc.;

alla scala architettonica in cui il Modulo esprime l’essenza di un archetipo o di un’eidos che è espressione di una condizione di osmosi rispetto ai valori ecosistemici e di sostenibilità del costruito; come possibile generatore del progetto il Modulo richiama a nuove sperimentazioni (anche compositive) e diviene strumento per declinare l’architettura rispetto sia a contingenze funzionali locali sia ad azioni di radicamento culturale e morfologico, sfruttando le potenzialità insite degli smart buildings dell’adattabilità, aggregabilità, scomposizione, ampliabilità, flessibilità, mediazione e transizione osmotica degli spazi pubblici o privati, collettivi o intimi, con l’ambiente di relazione;

alla scala dei componenti e degli oggetti in cui il Modulo, con la sua ripetibilità, struttura la complessità di un insieme, diviene elemento in sé concluso o parte di un sistema nell’ambito del quale gli sono demandate funzioni specifiche o per mezzo del quale è possibile ottimizzare progetto, produzione e gestione di un prodotto tanto in termini di impatto ambientale, quanto di componibilità, adattabilità, attrezzabilità, trasportabilità, flessibilità d’uso, facilità di montaggio, aggiornabilità ai miglioramenti tecnologici disponibili nel tempo, ecc.

 

CALL FOR PAPERS N. 13 | 2023
INNOVABILITY®© (PART II): Transizione Ecologica
scadenza presentazione abstract | 15 Gennaio 2023
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 13 | 2023 che sarà pubblicato nel mese di Giugno, ha proposto il tema Innovability®© (part II): Transizione Ecologica.

In ambito delle scienze economiche e sociali circola il termine ‘innovability®©’, al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’, come se queste fossero due istanze opposte e contrastanti: al di là del termine impiegato, ancor di più in tempo di pandemia con il suo impatto economico e sociale, l’Umanità promuove una sua prerogativa, l’uso delle ‘cose’ che la natura ci mette a disposizione per farne altro dalla loro primaria funzione (innovazione), consapevole che quelle risorse non sono inesauribili (sostenibilità). In questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.

‘La trasformazione verde e quella digitale sono sfide indissociabili’, ha affermato Ursula von der Leyen, nel suo discorso di investitura come Presidente della Commissione Europea nel 2019. In tal senso l’European Green Deal, la Next Generation EU e il New European Bauhaus, così come gli altri Piani nazionali (ad esempio il PNRR in Italia), assumono importanza strategica sia nel definire, in modo chiaro e univoco, le traiettorie di sviluppo futuro di un’Europa ecologica, digitale, coesa e resiliente, sia nel correggere i principali squilibri presenti nel vecchio continente, facendo convergere – pur nella eterogeneità delle condizioni degli Stati Membri – le aspettative e le istanze, di ordine generale, comuni e condivise, di cittadini e imprese. Un fil rouge quello della ‘transizione’ che unisce temi e dibattiti che investono al tempo stesso la scienza, la tecnologia ma anche la filosofia, l’antropologia, l’ecologia e l’economia, declinate attraverso i tanti aggettivi specialistici che ne definiscono ambiti sempre più circoscritti, eppur più aperti a logiche di transdisciplinarità, in una sorta di speciazione delle discipline e del linguaggio richiamando nomi come Bateson, Commoner, Catton and Dunlap, Carpo, Kelly, Solis, Negroponte, e ancora Jonas, Morin, Floridi, Caffo.

In questo scenario, in cui l’antropologia digitale si riconosce nel termine ‘anticipazione’, nella capacità di interagire con il flusso continuo dell’innovazione per costruire un nuovo ecosistema digitale (Solis, 2016), l’innovazione antropocentrica trova la sua collocazione ideale, si espande e si evolve traguardando la capacità di mettere l’uomo e i suoi bisogni al centro delle nuove proposte di valore. Questa nuova forma di ‘innovazione sostenibile’ non può che avere come priorità, congiunte e contemporanee, il benessere sociale e quello ambientale, tali da facilitare una transizione etica e sostenibile a beneficio dell’intera comunità (WEF, 2022). La trasformazione antropica dello spazio è un’azione energivora che incrementa il livello di entropia, ancora molto distante da sistematici quanto diffusi approcci di tipo ‘crandle to crandle’ o rispettosi delle risorse non rinnovabili. Il tema non riguarda quindi gli statuti disciplinari quanto piuttosto aspetti di interdisciplinarità e trasversalità finalizzati a orientare e favorire una ‘ripresa’ resiliente, sostenibile e inclusiva.

La complessità del tema è una delle sfide del nostro secolo poiché, se da un lato la Global and Sustainability Initiative (GESI, 2021) evidenzia come la ‘transizione ecologica’ può orientare eticamente le opportunità del digitale e il report The European Double Up (Accenture, 2021) sostiene che la ‘transizione digitale’ si configura come strumento in grado di avviare processi condivisi altrimenti più lenti da attivare, meno pervasivi e probabilmente meno performanti, dall’altro il matrimonio tra ‘verde’ e ‘blu’ lascia intravedere non pochi problemi e contraddizioni (Floridi, 2020) fino a ipotizzare l’impossibilità di attuare la ‘transizione ecologica’ insieme alla ‘transizione digitale’ (Caffo, 2021). Ecco allora che, affinché il nuovo paradigma ‘innovability®©’ (con la sua doppia chiave di interpretazione e declinazione dei possibili approcci scientifici di ricerca e di operatività) possa trovare la massima espressione ed essere effettivamente attuato, occorre introdurre strumenti (materiali e immateriali) adeguati, nuovi, trasversali, interscalari e interdisciplinari ma, allo stesso tempo, appare essenziale operare per costruire e alimentare un rapporto di complementarità strategica tra ecologia e digitale, un’osmosi bidirezionale di approcci, avanzamenti, sperimentazioni e risultati all’interno di una visione di progresso condivisa e di obiettivi comuni.

Di transizione ecologica si parla da tempo ma oggi è un tema prioritario e inderogabile, esprimendo la necessità di ‘transitare’ dai sistemi di produzione e consumo propri del paradigma della crescita infinita a sistemi in grado di far crescere il capitale economico senza distruggere gli omologhi naturale, sociale e umano. Un concetto di sostenibilità che, a partire dai cambiamenti globali e dalla perdita di biodiversità, richiama l’ecologia della mente di Gregory Bateson (1972), le tre ecologie di Guattari (1999), la fisica evolutiva di Ilya Prigogine (1977) ma anche il pensiero planetario di Edgar Morin (1973), il concetto dell’exaptation di Stephen J. Gould e Elisabeth Vrba (1982) – ripreso da Alessandro Melis e Telmo Pievani come strategia per le comunità resilienti (2020) – l’economia ecologica, i concetti di sostenibilità ‘debole’ e sostenibilità ‘forte’, fino ai più pragmatici indicatori di sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Una transizione ineluttabile se consideriamo anche solo gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, forieri di un cambiamento radicale non solo rispetto all’uso delle risorse non rinnovabili ma a tutta la nostra economia e al nostro modo di vivere. In tutti gli ambiti del costruito occorrerà una ‘regia illuminata’ con una visione sistemica e olistica fondata su una prassi metodologica di tipo multi e interdisciplinare, ascalare e intersettoriale capace di integrare contemporaneamente saperi, professionalità, discipline e settori di produzione differenti (talvolta apparentemente poco affini) per razionalizzare e ottimizzare, combinando tecnologie tradizionali e innovative, da un lato tutti gli aspetti che entrano in gioco nell’intervento trasformativo e nelle sue dimensioni di processo, di progetto e di prodotto, dall’altro i flussi di materia in entrata e in uscita perché siano equivalenti, ovvero affinché i rifiuti e i sottoprodotti di un settore possano essere reimpiegati integralmente in altri.

Sulla scorta di queste riflessioni, AGATHÓN 13, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Innovability©® (part II) | Transizione Ecologica con l’obiettivo di alimentare un confronto aperto, attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi (di impronta preferibilmente interdisciplinare e interscalare), innovativi e sostenibili, che affrontano temi quali, a titolo indicativo ma non esaustivo:
• strumenti e metodi per la mappatura, la catalogazione, la conoscenza e la gestione dei paesaggi, dei territori e delle loro risorse, anche non rinnovabili;
• strumenti, metodi e linguaggi della progettazione biofilica ed ecologica tra performatività ed estetica del naturale, oltre il ‘green washing’ (aspetti formali, percettivi, simbolici);
• strumenti e metriche di valutazione della sostenibilità ecologica capaci, con approccio olistico, di includerne gli effetti e i benefici alle diverse scale, da quelle territoriali a quelle delle unità ambientali;
• produzione e gestione di foreste sostenibili, selvicoltura, ecologia forestale, riserve e parchi naturali, ecosistemi e biodiversità: strumenti, politiche e azioni di tutela, gestione e valorizzazione del capitale naturale in termini di qualità, bellezza e fruizione del paesaggio naturale in contesti urbani ed extraurbani;
• urbanature, infrastrutture ecologiche, corridoi verdi, forestazione urbana, parchi, giardini, corti ‘a verde’, progetti di sottrazione in contesti urbani per la riduzione del consumo di suolo e l’aumento della permeabilità delle superfici, rigenerazione dei vuoti urbani con verde attrezzato;
• agricoltura urbana, di comunità, orizzontale e verticale;
• ....
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CALL FOR PAPERS N. 12 | 2022
INNOVABILITY®© (PART I): Transizione Digitale
scadenza presentazione abstract | 05 Luglio 2022
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 12 | 2022 che sarà pubblicato nel mese di Dicembre, ha proposto il tema Innovability®© (part I): Transizione Digitale.

In ambito delle scienze economiche e sociali circola il termine ‘innovability®©’, al quale si attribuisce una rinnovata forza propulsiva per un nuovo paradigma di sviluppo che esprime una delle sfide più cruciali del nostro tempo e la necessità di una ‘solidale’ convergenza tra le due istanze inderogabili della ‘innovazione’ e della ‘sostenibilità’, come se queste fossero due istanze opposte e contrastanti: al di là del termine impiegato, ancor di più in tempo di pandemia con il suo impatto economico e sociale, l’Umanità promuove una sua prerogativa, l’uso delle ‘cose’ che la natura ci mette a disposizione per farne altro dalla loro primaria funzione (innovazione), consapevole che quelle risorse non sono inesauribili (sostenibilità). In questo contesto, che deve guardare sempre avanti, occorre progettare le nostre migliori azioni politiche e di sistema per promuovere la necessità di innovare usando bene e in modo consapevole le risorse del Pianeta.

‘La trasformazione verde e quella digitale sono sfide indissociabili’, ha affermato Ursula von der Leyen, nel suo discorso di investitura come Presidente della Commissione Europea nel 2019. In tal senso l’European Green Deal, la Next Generation EU e il New European Bauhaus, così come gli altri Piani nazionali (ad esempio il PNRR in Italia), assumono importanza strategica sia nel definire, in modo chiaro e univoco, le traiettorie di sviluppo futuro di un’Europa ecologica, digitale, coesa e resiliente, sia nel correggere i principali squilibri presenti nel vecchio continente, facendo convergere – pur nella eterogeneità delle condizioni degli Stati Membri – le aspettative e le istanze, di ordine generale, comuni e condivise, di cittadini e imprese. Un fil rouge quello della ‘transizione’ che unisce temi e dibattiti che investono al tempo stesso la scienza, la tecnologia ma anche la filosofia, l’antropologia, l’ecologia e l’economia, declinate attraverso i tanti aggettivi specialistici che ne definiscono ambiti sempre più circoscritti, eppur più aperti a logiche di transdisciplinarità, in una sorta di speciazione delle discipline e del linguaggio richiamando nomi come Bateson, Commoner, Catton and Dunlap, Carpo, Kelly, Solis, Negroponte, e ancora Jonas, Morin, Floridi, Caffo.

In questo scenario, in cui l’antropologia digitale si riconosce nel termine ‘anticipazione’, nella capacità di interagire con il flusso continuo dell’innovazione per costruire un nuovo ecosistema digitale (Solis, 2016), l’innovazione antropocentrica trova la sua collocazione ideale, si espande e si evolve traguardando la capacità di mettere l’uomo e i suoi bisogni al centro delle nuove proposte di valore. Questa nuova forma di ‘innovazione sostenibile’ non può che avere come priorità, congiunte e contemporanee, il benessere sociale e quello ambientale, tali da facilitare una transizione etica e sostenibile a beneficio dell’intera comunità (WEF, 2022). La trasformazione antropica dello spazio è un’azione energivora che incrementa il livello di entropia, ancora molto distante da sistematici quanto diffusi approcci di tipo ‘crandle to crandle’ o rispettosi delle risorse non rinnovabili. Il tema non riguarda quindi gli statuti disciplinari quanto piuttosto aspetti di interdisciplinarità e trasversalità finalizzati a orientare e favorire una ‘ripresa’ resiliente, sostenibile e inclusiva.

La complessità del tema è una delle sfide del nostro secolo poiché, se da un lato la Global and Sustainability Initiative (GESI, 2021) evidenzia come la ‘transizione ecologica’ può orientare eticamente le opportunità del digitale e il report The European Double Up (Accenture, 2021) sostiene che la ‘transizione digitale’ si configura come strumento in grado di avviare processi condivisi altrimenti più lenti da attivare, meno pervasivi e probabilmente meno performanti, dall’altro il matrimonio tra ‘verde’ e ‘blu’ lascia intravedere non pochi problemi e contraddizioni (Floridi, 2020) fino a ipotizzare l’impossibilità di attuare la ‘transizione ecologica’ insieme alla ‘transizione digitale’ (Caffo, 2021). Ecco allora che, affinché il nuovo paradigma ‘innovability®’ (con la sua doppia chiave di interpretazione e declinazione dei possibili approcci scientifici di ricerca e di operatività) possa trovare la massima espressione ed essere effettivamente attuato, occorre introdurre strumenti (materiali e immateriali) adeguati, nuovi, trasversali, interscalari e interdisciplinari ma, allo stesso tempo, appare essenziale operare per costruire e alimentare un rapporto di complementarità strategica tra ecologia e digitale, un’osmosi bidirezionale di approcci, avanzamenti, sperimentazioni e risultati all’interno di una visione di progresso condivisa e di obiettivi comuni.

A poco più di cinquant’anni dalla mostra Cybernetic Serendipity (1968) tenutasi presso l’Institute of Contemporary Arts di Londra 1968, il digitale ha assunto caratteri di pervasività in continuo divenire, assumendo il ruolo di ‘potente abilitatore’, reticolo di componenti umani e tecnologici collegati e interconnessi (Kelly, 2010). La ‘transizione digitale’, secondo una recente ricerca Deloitte si sta manifestando attraverso un efficientamento dei processi produttivi e una crescente adozione di comportamenti virtuosi – l’impegno nel riciclaggio/compostaggio (68%), la riduzione degli sprechi energetici e del consumo di risorse (54%), la scelta verso mezzi di trasporto a basso impatto ambientale (36%), una maggiore attenzione all’efficientamento energetico delle abitazioni (36%) – condizioni che, nel creare nuovo valore delineano altrettanto nuovi scenari di sviluppo e sostenibilità accompagnando di fatto la transizione ecologica. Ma ancora molto deve essere fatto nel settore delle costruzioni e dell’industrial design.

Sulla scorta di queste riflessioni, AGATHÓN 12, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Innovability®© (part I) | Transizione Digitale con l’obiettivo di alimentare un confronto aperto, attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi (di impronta preferibilmente interdisciplinare e interscalare), innovativi e sostenibili, che affrontino temi quali, a titolo indicativo ma non esaustivo:
• Industria 5.0 (approccio human-centred, sostenibilità e resilienza) e tecnologie digitali come motore per imprenditorialità, competitività e nuove professionalità e per l’innovazione di prodotti o servizi;
• transizione digitale e linguaggio del progetto (aspetti formali, percettivi, simbolici);
• digitale per sistemi ecologici (smart ecological systems), energetici (smart grids), urbani (smart cities), della mobilità (smart mobility), edilizi (smart buildings), abitativi (smart homes) e per oggetti (smart objects);
• ICT, IoT, cloud, big data, GIS, blockchain, Intelligenza Artificiale, sistemi di intelligenza ibrida, machine learning e sensoristica per l’acquisizione ed elaborazione di dati ambientali e urbanistici, per la resilienza e la riduzione del rischio di contesti fragili, per la progettazione, fruizione e gestione della flessibilità degli spazi (interni ed esterni), per l’innovazione, l’ottimizzazione e la gestione avanzata del processo (progetto, produzione, prodotto, servizio, fine vita, riuso/riciclo), delle risorse non rinnovabili e degli scarti/rifiuti, per migliorare l’accessibilità a beni e servizi (svago, benessere, salute, sicurezza, ecc.), per l’implementazione dei cicli di vita di prodotti sostenibili e tracciabili, per il miglioramento delle prestazioni aziendali, di prodotto e di servizio, per l’efficienza energetica del costruito e per la cybersecurity;
• interazione tra spazio fisico e spazio virtuale (realtà virtuale, realtà aumentata, ‘geotagging’, advertising ‘location-based’, ecc.);
• piattaforme digitali ad accesso aperto per la condivisione e gestione di dati relativi a tutto il ciclo di vita del costruito (dal paesaggio all’artefatto di piccole dimension);
• piattaforme digitali industriali per soluzioni prefabbricate modulari personalizzabili, ottimizzate in termini di produzione, logistica e assemblaggio/disassemblaggio;
• modellazione morfogenetica, computazionale, parametrica, generativa, 6D (valutazione della sostenibilità) e 7D (gestione operativa e facility management);
• digital twin e mirroring virtuale (per le simulazioni di progetti, sistemi e prodotti nelle diverse fasi del ciclo di vita);
• digital manufacturing per la produzione di manufatti, prodotti e materiali sostenibili sia a larga sia a piccola scala, anche attraverso nano e bio-tecnologie;
• ……
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CALL FOR PAPERS N. 11 | 2022
VEGETAZIONE: la sua simbiosi con il costruito
scadenza presentazione abstract | 24 Gennaio 2022
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 11|2022 che sarà pubblicato nel mese di Giugno, ha proposto il tema Vegetazione: la sua simbiosi con il costruito.

Deforestazioni e incendi boschivi, urbanizzazioni selvagge, uso indiscriminato di materie prime non rinnovabili e incremento delle emissioni di CO2sono tutti fattori che contribuiscono al surriscaldamento globale e ai cambiamenti climatici determinando un impatto devastante sul nostro ormai fragile ecosistema, sulla società e sull’economia. Assodato che l’indipendenza dalle fonti fossili non potrà essere raggiunta (forse) prima del 2050, si richiama il ruolo che la Natura in generale e la Vegetazione in particolare possono svolgere nel breve periodo per affrontale l’attuale sfida che minaccia l’intero pianeta. Lo hanno già messo in evidenza gli studi di Beynus (2002) che costituiscono un patrimonio di conoscenze utile alla rigenerazione, con consapevolezza e responsabilità, dell’ambiente costruito: nel corso dei millenni la Natura ha infatti perfezionato strategie e soluzioni, processi e meccanismi per adattarsi alle diverse condizioni climatiche e fisiche attraverso la razionalizzazione dell’utilizzo di materia e di energia ottimizzando gli scambi metabolici di tipo materiale e immateriale. Ma ancora prima Simon (1969) ha compreso il potenziale di una ‘nuova ecologia’ in cui componenti animati e inanimati dell’ambiente costruito concorrono a caratterizzare un paesaggio ‘unificato’. Le tecnologie digitali possono supportare questa ‘doppia convergenza’ verso una ‘ecologia cibernetica’, consentendoci di vedere il mondo naturale e quello artificiale come un unicum (Ratti and Belleri, 2020).

Superato il dualismo classico artificiale/naturale si prefigurano nuovi scenari progettuali resi possibili dalle potenzialità delle computer sciences, della bio-ingegneria, delle tecnologie digitali, del disegno parametrico e della stampa 3D che aprono a nuove mediazioni e forme di intelligenza mutuate da una molteplicità di specie viventi le quali definiscono e configurano soluzioni di bio-design, bio-architettura, bio-infrastruttura, bio-città. Inizia a prendere campo una nuova logica sistemica, interdisciplinare e multiscalare dal cyber-gardening alla rimetabolizzazione bio-tecnologica di interi quartieri, ai sistemi di involucro responsivi che integrano bio-materiali e/o colture di microrganismi viventi ma anche nuove opportunità di sostenibilità circolare. Numerosi i benefici del verde in termini ambientali, sociali, economici, ma anche di salute, benessere e qualità della vita, così come ne è riconosciuto il capitale naturale, la funzione di supporto vitale e ai servizi ecosistemici. L’uso creativo e strategico della vegetazione è quindi essenziale per una sostenibilità consapevole.

Adeguata importanza è riconosciuta alla biodiversità il cui aumento sembra garantire vantaggi economici: la European Commission (2020) ha infatti promosso la Strategia della Biodiversità 2030 come elemento fondamentale per il rilancio di uno sviluppo sostenibile già nel ‘breve periodo’. La recente enfasi sulla ‘rigenerazione’ del costruito offre un’opportunità per un design più olistico, che coinvolga i sistemi terra, biotici e umani di uno specifico contesto per traguardare obiettivi più generali riferiti ad azioni a saldo attivo di consumo di suolo. Il programma EU Renovation Wave, come parte del New EU Bauhaus, offre importanti strumenti non solo per rinnovare il patrimonio edilizio esistente in termini di efficienza energetica ma anche per rigenerare, tramite il digitale, gli habitat urbani attraverso l’integrazione e la simbiosi di ambienti naturali e costruiti al fine di soddisfare i bisogni in modo equo e socialmente inclusivo, con un consumo di risorse, emissioni e perdita di biodiversità considerevolmente inferiori, affrontando al contempo gli effetti del cambiamento climatico (Ness, 2021).

Sulla scorta di queste premesse, la Call di AGATHÓN 11, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Vegetazione | La sua simbiosi con il costruito con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni originali, progetti e interventi i quali, rispetto a questioni di processo, prodotto e servizio in termini di sostenibilità, economia circolare e sviluppo, possano stimolare un dibattito aperto e interdisciplinare sulle tematiche che, a titolo indicativo e non esaustivo, si riportano di seguito:
• Sustainable Development Goals, New Green Deal, Renovation Wave, New EU Bauhaus;
• Produzione e gestione di foreste sostenibili, selvicoltura, ecologia forestale, riserve e parchi naturali, ecosistemi e biodiversità: strumenti, politiche e azioni di tutela, gestione e valorizzazione del capitale naturale in termini di qualità, bellezza e fruizione del paesaggio naturale in contesti urbani ed extraurbani;
• Architettura storica, contesti antichi e vegetazione: restauro e conservazione dei giardini e dei parchi tra storia e attualità;
• Strumenti digitali (ICT, IoT, big data, GIS, etc.) e metodi per la mappatura, la catalogazione, la conoscenza e la gestione del verde urbano (verticale e orizzontale) ed extraurbano, delle sue caratteristiche fisiche e demografiche, nonché per il monitoraggio del suo stato di salute;
• Agricoltura urbana, di comunità, orizzontale e verticale, e relazioni tra costruito, produzione alimentare, vendita e consumo, ambiente, ecosistema e tecnologie;
• Urbanature, forestazione urbana, infrastrutture ‘a verde’, parchi, giardini, corti ‘a verde’, progetti di sottrazione in contesti urbani per la riduzione del consumo di suolo e l’aumento della permeabilità delle superfici, rigenerazione dei vuoti urbani con verde attrezzato;
• Nature-based solutions per la resilienza e la riduzione del rischio di contesti fragili, per la rigenerazione urbana e dell’ambiente costruito e la messa in valore del patrimonio culturale, per il controllo del microclima, della qualità dell’aria e dell’acqua, per l’incremento della biodiversità e dell’impronta ecologica, per la compensazione del consumo dei suoli, la salute e il benessere psicologico;
• Strumenti e metriche di valutazione del verde in bioedilizia capaci, con approccio olistico, di includerne gli effetti e i benefici alle diverse scale, da quelle territoriali a quelle delle unità ambientali;
• Sistemi bioclimatici passivi con vegetazione e gestione e controllo intelligente domotico-telematico;
• Materia prima vegetale, seconda e di scarti di origine agricola e di potatura per la produzione di energia, elementi/componenti edilizi, artefatti e nuovi materiali a base biologica;
• Strumenti e tecnologie digitali e bio per strutturare e gestire i rapporti cibernetici tra costruito e vegetazione (sensori, attivatori, intelligenza artificiale, reattori fotobiotici, fotosintesi, etc.);
• Installazioni e allestimenti in spazi pubblici e privati.

 

CALL FOR PAPERS N. 10 | 2021
CONNESSIONI: Fisiche, Virtuali, Digitali
scadenza presentazione abstract | 14 Luglio 2021
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 10|2021 che sarà pubblicato nel mese di Dicembre, ha proposto il tema Connessioni: Fisiche, Virtuali, Digitali.

Siamo di fronte a una profonda trasformazione, testimoni attivi di una transizione in atto, pervasiva e diffusa, che unisce dicotomie (analogico e digitale), esalta ossimori (intelligenza artificiale), ribalta assiomi (ubiquità), realizza paradossi (sharing economy) coinvolgendo, indifferentemente, l’architettura, le scienze umane e sociali, l’antropologia, la sociologia, l’ecologia, la biologia, le scienze fisico-matematiche e le neuroscienze con impatti che – visibili già oggi, e accelerati in parte dalla condizione straordinaria di emergenza sanitaria mondiale – si renderanno ancor più evidenti a medio e lungo termine. Una trasformazione certamente ‘digitale’, che studiosi come Floridi (2020), Galimberti (2020), ma anche Haraway (2018), Searle (2017) e Chomsky (2011) hanno posto su un piano innanzitutto ontologico ed epistemologico in quanto coinvolge l’essenza delle ‘cose’, il modo con cui le definiamo, il mondo che ci circonda e in particolare la nostra relazione con gli elementi che lo costituiscono.

La natura delle cose e delle relazioni che le connettono è, dunque, una delle grandi tematiche che trasformazione digitale oggi sta ‘imponendo’ introducendo, altresì, innovati approcci e azioni per risolvere tanto ‘storiche’ quanto nuove complessità (sistemi anticipanti, futuri possibili, ecc.) e nuovi disagi (esclusione, digital divide, ecc.), avocando a sé quel ‘vitalismo’ reclamato dalle attuali sfide culturali, sociali ed economiche che istruiscono i contenuti di Agenda 2030 e i principi di sostenibilità, di innovazione e di equità sociale che li sottendono. Stiamo passando, di fatto, da una realtà fatta di cose a una caratterizzata da relazioni – connessioni – muovendoci in una realtà quotidiana fatta di ‘oggetti’ immateriali.

La fisicità/materialità e la storicità delle forme si fa anche realtà virtuale diluendosi nella corrente immateriale delle reti e dei flussi deterritorializzati: il digitale ‘apre’ connettendo (delocalizza) e in parallelo ‘confina’, perimetrando (self-sufficient city), ma soprattutto ‘induce’ a nuove configurazioni spaziali in un rapporto di continuo divenire tra genius loci e forma, funzione e flessibilità d’uso, tra l’uomo ‘vitruviano’, nelle sue proporzioni fisiche e l’uomo ‘inforg’ che vive, lavora e si relaziona con la contemporaneità di luoghi simultaneamente fisici, virtuali e digitali. Uno spazio che, come entità ontologica – naturale, costruito, di ricucitura, aperto, perimetrato, di connessione, residuale, interstiziale, a scala macro o micro o nano, indifferentemente, quello delle superfici, dei volumi, delle soglie, dei componenti tecnico-costruttivi/impiantistici e degli oggetti – in qualsiasi forma venga declinato (dal paesaggio al territorio, dalle infrastrutture alla città, dagli edifici agli oggetti, fino a sistemi, componenti e materiali)esplicita Connessioni: Fisiche, nella singola entità materica, analogica e tangibile; Virtuali nel configurare esperienze di realtà aumentata e immersiva, di tecnologie indossabili; Digitali nell’interagire ed attuare nuovi processi ideativi e comunicativi e al tempo tecnici e di controllo e di monitoraggio del progetto alle varie scale, veicolando forme e immagini, funzioni e prestazioni in una nuova dimensione di condivisione digitale.

Sulla scorta di queste riflessioni, il volume 10 di AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero, e della Rappresentazione, propone il tema Connessioni | Fisiche, Virtuali e Digitali con l’obiettivo di alimentare un confronto aperto, interdisciplinare e interscalare attraverso la raccolta di saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi che affrontano anche contemporaneamente e in sinergia temi quali a titolo indicativo ma non esaustivo: oggetto e forma, memoria e trasformazione, addizione/integrazione, composizione e regola, aggregazione e scomposizione/disassemblaggio, funzione e flessibilità d’uso, qualità e durata, smart e sensitive, linguaggi e forme di comunicazione, modeling e interoperabilità, automazione e manualità, ecocompatibilità e circolarità, accogliendo le suggestioni proposte e quelle rimaste inespresse, in un processo di ibridazione e contaminazione degli ambiti di relazione oggi prefigurabili e possibili – fra persone, fra persone e cose/luoghi e fra cose/luoghi – all’interno di un ‘ecosistema’ che risulta essere sempre più sintesi di queste tre modalità di interazione.

 

CALL FOR PAPERS N. 9 | 2021
SECONDA VITA: rigenerazione, rifunzionalizzazione, valorizzazione, riciclo e riuso
scadenza presentazione abstract | 8 Febbraio 2021
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 9|2021 che sarà pubblicato nel mese di Giugno, ha proposto il tema Seconda Vita: rigenerazione, rifunzionalizzazione, valorizzazione, riciclo e riuso.

I temi del cambiamento climatico, dell’eccessivo consumo di suolo e di risorse non rinnovabili, della produzione sempre crescente di rifiuti, dell’attuale emergenza pandemica e della crisi socio-economica globale che essa sta determinando, sono entrati di fatto nel nostro quotidiano: seppur drammatiche, per certi versi, tali questioni possono essere colte come un’opportunità per ripensare il modo e il mondo in cui viviamo. In questo contesto di ‘rivoluzione’ (Floridi, 2020) e di ‘policrisi’ (Losasso, 2020), e con riferimento specifico al settore delle costruzioni, l’Accademia, il mondo della Ricerca e dell’Industria sono chiamati a dare risposte – improntate alla sostenibilità unitamente ai principi del Green Deal – che possano stimolare ripensamenti e ri-orientamenti di processo e di prodotto, nuove progettualità su luoghi, edifici, oggetti e materia, in grado di incidere positivamente sulla governance del cambiamento globale di cui il nostro pianeta e l’umanità hanno bisogno, capaci di attivare per il costruito e/o trasformato, a qualsiasi scala, una ‘seconda vita’. Sulla scorta di queste premesse, la Call di AGATHÓN 9, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero e della Rappresentazione, propone il tema Seconda Vita | Rigenerazione, Rifunzionalizzazione, Valorizzazione, Riciclo e Riuso con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni originali, progetti e interventi sulle tematiche che seguono.

Rigenerazione | Ambiente, Città, Infrastrutture. Nuovi Paesaggi in cui una comunità continua il suo percorso di riconoscibilità come parte attiva dell’economia e delle relazioni sociali in uno specifico contesto. Un’idea di territorio e di città democratica e inclusiva ma anche resiliente che, nel recepire le dinamiche socio-economiche in atto, rinnova e rigenera gli spazi naturali ed edificati, le armature territoriali e produttive, le aree sensibili e fragili, configurandosi come innesto attivo in grado di dare risposte ai fenomeni di ‘progressiva dispersione’ e a domande sempre più incalzanti e imperative su sicurezza, inclusività, vulnerabilità pandemiche ed emergenziali con approcci smart e al tempo human centred.

Rifunzionalizzazione | Edilizia. Recupero, riuso e rifunzionalizzazione dell’esistente sono tra le strategie attuative a cui tendere in un’ottica di uso efficiente delle risorse. Alternativa al concetto di demolizione e ricostruzione, il recupero come il riuso e la rifunzionalizzazione adeguano il costruito a nuove e sopraggiunte esigenze di uso, tecnico-prestazionali, normative. Flessibilità, multifunzionalità e modularità, nuove spazialità e configurazioni, relazioni con il contesto, fronte e soglia, sicurezza, salubrità, efficienza energetica e risparmio delle risorse, vita utile, sono solo alcuni dei possibili campi di studio.

Valorizzazione | Beni culturali. La ‘conservazione passiva’ non può più costituire l’obiettivo ultimo dell’intervento: quanto più marcata è l’eredità culturale nei suoi elementi materiali e immateriali, naturali e antropici, tanto più si avverte la necessità di azioni necessarie a ridare ‘dignità’ e nuova vita a questi Beni, talvolta ruderi, privati dell’originaria identità, sia per il godimento delle attuali generazioni sia in vista di una loro trasmissione a quelle future. Valorizzazione, fruizione, comunicazione e accessibilità, declinate anche attraverso le potenzialità del digitale, sono campi di studio al pari di approcci metodologici multidisciplinari di tipo olistico e sistemico capaci di leggere, interpretare e tradurre in azioni le complesse relazioni fra preesistenze, contesto naturale e sistemi antropici aggiunti.

Riciclo e Riuso | Oggetti, materiali, componenti. Re-manufacturing, re-cycling e up-cycling come alternativa al concetto dell’usa e getta entrano in gioco nel settore delle costruzioni, attraverso un processo creativo o unitamente a modalità nuove di sharing e di prodotto/servizio. Temi intersettoriali oltre che interscalari, campi aperti di ricerca su urban mining e material bank, approccio end-of-life o Design for Disassembling e for Durability/Flexibility, declinati alla scala materiale e di prodotto in termini di riciclabilità, procedure di qualificazione, tracciabilità, material passport, ma anche di definizione di strumenti per l’analisi dei flussi materici e della qualità dei prodotti a fine vita e di supporto alle decisioni per la verifica dell’efficacia e sostenibilità delle azioni di circolarità.


CALL FOR PAPERS N. 8 | 2020
SCENARI POSSIBILI E PREFERIBILI DI UN FUTURO SOSTENIBILE: Verso il 2030 e Oltre
scadenza presentazione abstract | 7 Luglio 2020
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 8|2020 che sarà pubblicato nel mese di Dicembre, ha proposto il tema Scenari Possibili e Preferibili di un Futuro Sostenibile: Verso il 2030 e Oltre.

Indagare sul futuro è una prassi consolidata per l’accademia e per il mondo delle professioni e dell’industria. Dalla Chicago Columbian Exhibition del 1893 alle due Worlds Fairs di New York City (1939 e 1965) e oltre, il futuro è stato prefigurato come denso di tecnologia e ricco di architetture strabilianti. Ma non tutte le visioni del futuro hanno restituito scenari promettenti: il romanzo distopico di George Orwell dal titolo Nineteen Eighty-Four, pubblicato nel 1949, guardò 35 anni avanti, dipingendo un quadro del futuro tutt’altro che rassicurante. Siamo entrati nel terzo decennio del nuovo millennio, e certamente dobbiamo riflettere sugli obiettivi che ci eravamo posti per il traguardo del 2020 e sui risultati raggiunti.

Ma è nella natura umana progettare (pro-jàcere, lanciarsi in avanti) il proprio futuro, esplorare e immaginare come cambierà la propria vita sotto la spinta dell’ingegno umano e con il supporto della scienza. Le quattro visioni di futuro proposte da Norman Henchey (1978) concettualizzate nei campi del ‘possibile’ (qualsiasi futuro), del ‘plausibile’ (futuro che ha un senso), del ‘probabile’ (molto probabile che accada) e del ‘preferibile’ (il meglio che può accadere), sono state magistralmente restituite nel ‘cono dei futuri’ reinterpretato da Joseph Voros (2003). Man mano che ci si allontana dal presente, il futuro ‘possibile’ tende al ‘preferibile’ a causa della mancanza di elementi e dati su cui basare la programmazione e la progettazione: diminuiscono infatti le certezze sul tipo di tecnologie e metodi di produzione che saranno disponibili, sulla struttura sociale e usi degli utenti, ecc.

Entro il 2030, il mondo sarà già diverso: Thomas L. Friedman (2016) sottolinea che le tre maggiori forze del pianeta – la Legge di Moore (tecnologia), il Mercato (globalizzazione) e Madre Natura (cambiamento climatico e perdita di biodiversità) – stanno pressando tutte contemporaneamente, con inevitabili implicazioni sul territorio, sulle città, sulle architetture, sui prodotti e sui servizi che saranno progettati, sviluppati e utilizzati in futuro. Una risposta per questo orizzonte temporale ce la suggeriscono i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 presentati delle Nazioni Unite (www.un.org/sustainabledevelopment/sustainable-development-goals/) che tracciano la strada verso un modello per raggiungere un futuro migliore e più sostenibile per tutti.

Ma questi Obiettivi saranno in grado di accelerare l’innovazione sostenibile? Ciò che è certo è che come sarà il nostro pianeta con i suoi paesaggi, città, architetture e come saranno i prodotti di consumo nel futuro dipenderà in gran parte dalle decisioni che prenderemo oggi, da quanto sapremo essere ‘visionari’ e da come declineremo il tema della sostenibilità rispetto agli Obiettivi citati. Spingendoci oltre il 2030, immaginando il 2050 dovremo certamente confrontarci con un aumento della popolazione che sfiorerà i dieci miliardi di individui, concentrati per il 75% nei centri abitati e nelle aree urbanizzate (Nazioni Unite, 2019); pertanto, le città del futuro diventeranno metropoli cruciali per la sostenibilità dell’intero pianeta. Nel frattempo, il mondo dell’accademia, delle professioni e dell’industria si pone una serie di domande (che troverai nella Call in pdf).

Sulla scorta dei suddetti quesiti, AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, della Tecnologia dell’Architettura, del Design, del Restauro e Recupero, e della Rappresentazione, propone il tema Scenari possibili e preferibili di un futuro sostenibile – Verso il 2030 e oltre con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi che riescano a dare una visione del futuro sostenibile dell’Abitare con uno sguardo ai due orizzonti temporali del 2030 e del 2050, fornendo risposte alle principali macro-questioni:
• qualità ecologica e ambientale;
• efficacia e circolarità nell’uso delle risorse;
• mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
• efficienza energetica e rinnovabilità delle fonti;
• globalizzazione e glocalizzazione;
• digitalizzazione, tecnologie abilitanti e opportunità legate a Industria 4.0;
• nuovi modi di abitare, lavorare, studiare, produrre, consumare e socializzare;
• sfide aperte dalla minaccia di forme pandemiche.


CALL FOR PAPERS N. 7 | 2020
DAL MEGA AL NANO: la Complessità del Progetto Multiscalare
scadenza presentazione abstract | 5 Febbraio 2020
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Il Comitato Scientifico Internazionale, per il n. 7|2020 che sarà pubblicato nel mese di giugno, ha proposto il tema Dal Mega al Nano: la Complessità del Progetto Multiscalare.

La capacità di effettuare ‘salti di scala’, di agire su scale diverse – multiscalarità – di costruirne di nuove o di mutare il senso di quelle comunemente accettate, è una pratica comune dell’approccio al progetto, e riguarda da sempre gli architetti, gli ingegneri, i designer e gli artisti, nei molteplici significati simbolici e reali della misura di un territorio, di una città, di un’architettura e di un oggetto. Essa può tuttavia offrire un ventaglio di opportunità anche in contesti diversi come l’economia, la politica, la cultura, ecc. I concetti di scala e di misura sono indispensabili per correlare, in un’ottica sistemica, il particolare con il generale, il dettaglio con l’insieme, per interpretare e rappresentare, per discretizzare e ricomporre elementi e parti tra loro in rapporto di gerarchia o di interconnessione, per indagare il fisico e il sociale, per delinearne criticità e potenzialità, ma soprattutto per stabilire l’importanza degli aspetti relazionali fra l’insieme e le sue parti come chiave di lettura della loro identità, della loro natura e organizzazione, dei principi di regolazione e del ruolo svolto nei diversi contesti, ovvero di quei fattori indispensabili per individuare forma e struttura di un territorio, di una città, di un’architettura e di un oggetto.

La nozione di scala in Architettura regola la dimensione dello spazio antropico, ponendo sempre come riferimento la dimensione umana. La scelta della scala è inevitabilmente una selezione concettuale di ciò che in effetti il progetto vuole rappresentare. Quando invece si adopera la rappresentazione multiscalare si cerca di esplicitare la complessità del reale servendosi di un maggior numero di criteri regolatori e di valutazioni specifiche, non solo descrivendone gli aspetti dimensionali e geometrici ma soprattutto evidenziandone in maniera significativa gli aspetti qualitativi e quelli legati all’identità, alla cultura e alla storia. Ciò significa che non esiste una sola scala per la rappresentazione del territorio, della città, dell’architettura, di un oggetto o di un dettaglio; tuttavia, nella logica della necessaria multiscalarità il progetto seleziona di volta in volta la scala più adeguata allo svolgimento delle pratiche.

La scala, quindi, ha un’interferenza logica sul progetto: grazie agli avanzamenti della tecnologia nell’ambito della progettazione a tutti i livelli, essa probabilmente è la componente del progetto in cui maggiormente il progettista agisce coordinando relazioni reali e virtuali in maniera simultanea; queste relazioni non terminano con la concretizzazione della forma, ma continuano nel tempo e modificano la gestione della complessità propria dell’oggetto. Se misurare, usando la scala come strumento, significa prendere possesso delle cose del mondo stabilendone le differenze, il fuori-misura può costituire la base per nuovi assunti teorici in cui l’infinitamente grande (il mega) e l’infinitamente piccolo (il nano) concorrono simultaneamente nella definizione di questioni centrali come la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, la resilienza, il governo del territorio, la concezione dello spazio, l’estetica, l’uso, lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e materiali, ecc. L’approccio multiscalare può quindi essere considerato un importante strumento progettuale operativo che, in un’ottica sistemica, può favorire la proposizione di adeguate strategie di azione e di pianificazione degli interventi sostenibili, sviluppando nuove metodiche, tecniche operative e metriche condivise, attraverso ragionate gerarchie di priorità necessarie a ottimizzare le scelte del progetto e a determinare credibili bilanci costi/benefici (soprattutto di natura ambientale).

Alla luce di queste riflessioni, AGATHÓN, rivolgendosi alle aree disciplinari del Progetto e in particolare del Paesaggio, dell’Urbanistica, dell’Architettura, dell’Ingegneria, del Design, del Restauro e Recupero, della Rappresentazione, e della Tecnologia e Architettura Tecnica, propone il tema Dal Mega al Nano: la Complessità del Progetto Multiscalare con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi che declinino la multiscalarità, a titolo indicativo e non esaustivo, su:
• sostenibilità ambientale ed energetica;
• economie territoriali e società;
• migrazioni e comunità cosmopolite;
• processi strategici di sviluppo territoriale e urbano;
• dimensione materiale e immateriale del progetto;
• dettaglio e progetto;
• materiali e ambiente costruito;
• conoscenza e rappresentazione del costruito;
• verifica e simulazione del progetto;
• modelli digitali e big data.

 

CALL FOR PAPERS N. 6 | 2019
RESILIENZA fra Mitigazione e Adattività
scadenza presentazione abstract | 3 Settembre 2019
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AGATHÓN affronta il tema Resilienza fra Mitigazione e Adattività con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e interventi riferiti, in termini interscalari, alle molteplici dimensioni dell’ambiente antropizzato e non, per le quali rischio, fragilità e vulnerabilità non sono più affrontabili singolarmente dai tradizionali strumenti della sostenibilità, dell’innovazione, della riqualificazione o della rigenerazione, ma solo attraverso un approccio sistemico capace di favorire, integrare e alimentare relazioni tra competenze individuali, di gruppo e di comunità, culturali e multi/transdisciplinari (urbanistica, architettura, rappresentazione, storia, restauro, recupero, tecnologia, design e comunicazione, economia, sociologia, psicologia, ecc.) integrando quindi saperi umanistici e tecnici. Più in particolare, i principali ambiti di interesse riguardano la:
• Scala del Paesaggio e del Territorio, come sintesi interdisciplinare delle conoscenze sistemiche e integrate dell’ambiente, nei suoi aspetti naturali (segni naturali e naturalizzati, sistemi delle reti naturali, ecc.) e relativi alle utilizzazioni e trasformazioni antropiche (reti e infrastrutture, ecc.): una politica resiliente del paesaggio deve tener conto, anche e soprattutto, degli interessi non materiali e dei desideri della popolazione, come la bellezza, la diversità biologica e paesaggistica, gli spazi vitali, l’identificazione con il territorio, ecc.;
• Scala Urbana: la qualità delle città necessita di strategie complesse, sia in termini di scale d’intervento (strutturale e di processo) che di ambiti d’azione (economico, ambientale, sociale), da attuare con continuità nel tempo e nel rispetto delle specificità dei contesti; la città resiliente si modifica progettando risposte sociali, economiche e ambientali innovative che le permettano di resistere (modificandosi) nel lungo periodo alle sollecitazioni dell’ambiente e della storia;
• Scala Architettonica ed Edilizia: ai fini di un approccio resiliente, l’Architettura deve fare proprio, da un lato il principio di adattamento (ai contesti, al clima, ai rischi), dall’altro il principio della decrescita e di limite, inteso come risparmio/ottimizzazione di risorse naturali e minimo inquinamento in tutte le fasi del ciclo di vita (casi studio e realizzazioni sperimentali rappresentano la chiave di lettura privilegiata);
• Scala Materiale: i livelli di innovazione della produzione edilizia e le capacità tecnologiche di gestire i processi di trasformazione hanno mutato lo scenario di riferimento, affidando all’integrazione tra progetto del manufatto edilizio, del componente e del materiale il governo del processo costruttivo; contestualizzando la definizione di compatibilità materiale, si sottopongono, a titolo indicativo e non esaustivo, le chiavi interpretative in termini di innovazione, efficienza, qualità, tecnica e vulnerabilità.

 

CALL FOR PAPERS N. 5 | 2019
PRO-INNOVAZIONE Processo Produzione Prodotto
scadenza presentazione abstract | 19 Febbraio 2019
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AGATHÒN affronta il tema Pro-Innovazione | Processo Produzione Prodotto con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni, progetti e realizzazioni (di nuove architetture, interventi di recupero e restauro, arte e design) che possano costituire casi esemplari per innovazione, sostenibilità e inclusione sociale, declinando il tema, a titolo indicativo e non esaustivo, sulla:
Innovazione di Processo: sequenza e modelli di organizzazione, di gestione e di controllo delle fasi di processo; metodologie operative (ideative, compositive/progettuali, produttive, realizzative, di esercizio, gestionali e di dismissione dell’opera/prodotto) dell’intero ciclo di vita del manufatto; apparati normativi; nuove figure professionali e competenze tecniche; modalità di coinvolgimento degli operatori e degli utenti nei diversi step decisionali, ecc.;
Innovazione di Produzione: strumenti funzionali all’ottimizzazione delle varie fasi del processo di produzione tra cui macchinari e robotica per la fabbricazione digitale (fresatura CNC, taglio al laser, stampa 3D, ecc.), per la prototipazione e per la prefabbricazione, relativa a software di analisi e di progettazione e simulazione (anche con realtà virtuale) CAD e CAM, BIM, digitale, parametrica, algoritmica e generativa, ambientale, strutturale, energetica e termica; tecniche e tecnologie costruttive d’istallazione e di assemblaggio, ecc.;
Innovazione di Prodotto: materiali/componenti/oggetti intelligenti, avanzati e compositi, riciclabili e sostenibili, nanostrutturati, a memoria di forma, a cambiamento di fase e autoriparanti, responsivi e adattivi, dal basso costo, dal contenuto impatto ambientale e dalle elevate prestazioni; apparecchiature di automazione, di rilevamento, di gestione e di controllo per l’ottimizzazione delle prestazioni; tecnologie ‘passive’ per involucri efficienti, tra cui i sistemi di ventilazione e raffrescamento naturale, di recupero, stoccaggio e riciclo dell’acqua, di produzione di energie rinnovabili off-grid.

 

CALL FOR PAPERS N. 4 | 2019
IL TEMPORANEO fra Necessità e Piacere
scadenza presentazione abstract | 5 Settembre 2018
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AGATHÒN affronta il tema Il Temporaneo fra Necessità e Piacere con l’obiettivo di raccogliere saggi e riflessioni critiche, ricerche e sperimentazioni (di processo, di prodotto e di materiali), progetti e realizzazioni (di architettura, arte e design) che possano costituire casi esemplari per innovazione, sostenibilità e inclusione sociale, declinando i due termini, Necessità e Piacere, nelle seguenti destinazioni d’uso: emergenza, residenza ed ospitalità, assistenza sanitaria, eventi (culturali, ludici, artistici, celebrativi, ecc.), commercio, lavoro, street food, sport, svago, formazione, ricerca, produzione, ecc.

 

CALL FOR PAPERS N. 3 | 2018
Ordinamenti, Didattica e Progetti nelle Scuole di Architettura a confronto
scadenza presentazione abstract | 26 Febbraio 2018
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AGATHÒN affronta il tema Ordinamenti, Didattica e Progetti nelle Scuole di Architettura a confronto. L’obiettivo principale è il confronto tra diverse Scuole di Architettura, Ingegneria e Design. Obiettivi secondari sono le risposte ad alcune domande. Quale nuova architettura per questo terzo Millennio? Tranne gli interventi delle Archi-Star (spesso discutibili), l’architettura sembra arte dimenticata, gli scenari urbani sono degradati e improntati da uno stanco e logoro razionalismo. Cosa fare? Le Scuole di Architettura hanno strategie adeguate ai nuovi tempi e ai diversi luoghi? AGATHÓN ritiene che la partecipazione di Docenti, Studiosi e Progettisti potrà specificare i punti della Call con i contributi, anche di Autori diversi, su:
Ordinamento (discipline primarie e secondarie, teoriche e pratiche, crediti formativi, etc.);
Didattica (frontale, laboratori, lavori di gruppo o individuali, lavori eseguiti in aula totalmente o parzialmente, workshop, etc.);
Progetti nei vari settori (architettura, architettura del paesaggio, architettura degli interni, progetti urbani, progettazione esecutiva, recupero e restauro dell’esistente, design, urban design, etc.);
Luoghi della formazione (progetti e realizzazioni di Scuole di Architettura, Ingegneria e Design, Dipartimenti, Istituti, Accademie, College, Campus, etc.).

 

CALL FOR PAPERS N. 2 | 2017
ARCHITETTURA e NATURA
scadenza presentazione abstract | 5 Agosto 2017
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AGATHÒN affronta il tema Architettura e Natura con l'obiettivo di declinare i due termini sugli aspetti visivi e materiali; in particolare:
sul paesaggio naturale e sul paesaggio urbano, finalizzato alla tutela e alla modificazione dell’ambiente naturale o alla strutturazione dell’ambiente urbano per renderlo sempre più funzionale e rispondente alla crescente concentrazione sociale nelle città;
sui materiali dell’architettura, quali la pietra, il legno, la terra cotta, la terra cruda, il verde e l’acqua.
Di tali aspetti si richiedono:
• studi sul patrimonio storico, mirati alla conoscenza, alla conservazione e alla messa in valore;
• ricerche innovative su processi, prodotti e materiali;
• esempi di architettura antica, moderna e contemporanea.

 

CALL FOR PAPERS N. 1 | 2017
CONTINUITÀ: Progetti per la Città Storica
scadenza presentazione abstract | 15 Marzo 2017
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AGATHÒN affronta il tema Continuità: Progetti per la Città storica. È del tutto evidente il dramma di declino o di sviluppo di molte città italiane (e non solo); da qui l’ammonimento a non ripetere le speculazioni, gli abbandoni, gli errori che hanno infestato la nostra Penisola con il dispregio dei valori culturali, artistici e ambientali; ma è meno evidente che negli ultimi anni le nostre città storiche hanno cambiato abitanti: i vecchi residenti si sono trasferiti nelle nuove zone, abbandonando gli edifici e i quartieri storici ai nuovi arrivati dall’Asia e dall’Africa.
Lo scenario urbano è degradato, uno stanco razionalismo marca molti quartieri delle nostre città, l’Università mantiene una complessa e inutile macchina didattica: cosa fare per consolidare una cultura del progetto e per rifondare una prassi architettonica, adeguata al nostro tempo? Tanti gli interrogativi. Quali sforzi consapevoli noi oggi riscontriamo dai produttori di forme, architetti, artisti, designers, artigiani e industriali all’insegna della continuità con la tradizione? Qual è il contenuto etico della nostra techné rispetto ai requisiti di qualità? Dato che amiamo il passato e il futuro di queste nostre città, quali sono le azioni presenti, quali idee, progetti, opere che abbiamo per migliorarne lo status, per metterle in valore, per renderle vivibili e adeguate al presente?
Quale architettura e quale arte per le nostre città storiche? I cambiamenti socio-politici, a causa dei flussi migratori, ci impongono accoglienza, integrazione e partecipazione; cosa fare? Chi sono gli abitanti che vivono nelle città storiche? Non dobbiamo creare nelle città storiche livelli di località (nell’edificio e nel quartiere) in cui i vicinati multi-etnici s’integrino tra loro, con gli abitanti del luogo e con l’ambiente costruito? E ancora: possono le espressioni artistiche che sempre più frequentemente si manifestano negli spazi urbani portare al cambiamento e determinare la rigenerazione urbana? I centri storici sono capaci di sperimentare nuove sinergie tra attori diversi (cittadini, artisti, associazioni, ecc.)? La street art o le installazioni site specific possono favorire i processi di integrazione tra comunità e ambiente costruito? Possono sollecitare la partecipazione e l’integrazione tra i cittadini residenti e le comunità emigrate? Infine, sono vivibili le nostre città storiche?
Tutti questi interrogativi, ed altri ancora possibili, necessitano di risposte adeguate ai diversi contesti.
Il nostro fine è la raccolta delle diverse esperienze e delle ricerche condotte sul tema. I contributi pubblicati saranno testimonianza della realtà storica in cui viviamo: idee, progetti, opere possibilmente elette o anche incompiute o probabilmente imperfette, ma culturalmente vive; su tali contributi sarà nostro il compito di riflettere per tendere al chiarimento critico di una problematica reale, che presenta incognite, urgenze e che è in continuo sviluppo.